La miope strategia dell’accoglienza

Prima di entrare nel merito dell’articolo, bisogna fare una premessa; come Associazione Mariam Fraternità- ONLUS da sempre aiutiamo una Missione Cattolica in Eritrea, non solo inviando aiuti alle singole famiglie inserite nel programma di sostegno a distanza, ma anche per costruire pozzi, per incentivare attività lavorative, per far sviluppare la crescita socio-economico del Paese. La frase “aiutiamoli a casa loro”, quindi, come argomentazione oppositiva a ciò che stiamo per dire, nei nostri riguardi non ha ragione d’essere: perché è la nostra attività principale.

Chi scappa dal proprio Paese d’origine lo fa per mille ragioni, spesso subite, non volute. Espatriare non è un istinto naturale, ma una necessità. Gli antichi greci con Ulisse ben hanno descritto cosa lega un uomo alla propria Terra: lontano da essa non si fa altro che pensarla, che agognare un ritorno. Colui che sogna un ritorno, in fondo, non è mai partito, questa è la lezione dell’eroe omerico. Tutti i migranti hanno nostalgia della propria terra, delle proprie tradizioni, dei propri costumi, ma quando nel tuo Paese hai poche ore di corrente elettrica al giorno, non hai di che mangiare e sei costretto a fare il militare per circa venti anni, fuggire diventa necessario. Si fugge sperando in una vita migliore, spesso ci si ritrova a vivere una vita da schiavi. Nei Paesi occidentali, infatti, dove anche la politica è schiava dell’Economia, essi, nella maggior parte dei casi, si trovano ad essere manovalanza a basso prezzo nel mercato del lavoro; si trovano ad accettare lavori al di fuori da ogni regolamentazione che disciplina i rapporti fra lavoratori ed imprenditori. Diventano nemici integerrimi delle fasce meno abbienti del Paese che vedono in loro il nemico che toglie loro lavoro. La cultura occidentale ha sempre avuto insita in sé la cultura degli schiavi; per i greci gli schiavi erano possedimenti animati, i romani praticavano quotidianamente la compravendita di schiavi, appena un secolo e mezzo fa la guerra di secessione negli Stati Uniti avveniva fra schiavisti e non schiavisti. Lo schiavismo, oltre a rendere palese i rapporti di forza fra padrone e schiavo, si basa, spesso, su concetti riguardanti la supremazia di una razza verso l’altra con tutto ciò che comporta in termini di legittimazione del sopruso.  Lo schiavismo è nella nostra traduzione culturale ed ancora inficia, nella pratica, i principi basilari della democrazia.

Ogni democrazia ha come principio inalienabile l’uguaglianza dell’uomo senza preferenze di razza, di religione, senza distinzione fra ricco e povero. Può una democrazia dirsi veramente tale se attua una politica di accoglienza miopie come quella che da decenni attua lo Stato Italiano?

O non sarebbe meglio attuare davvero il principio di eguaglianza fra gli uomini e dar vita ad una politica di accoglienza integrata?

Prima di continuare bisogna fare un ulteriore premessa: le leggi vanno rispettate, gli episodi delinquenziali vanno condannati, l’accoglienza, pur se su grandi numeri, va fatta ad personam, analizzando singolarmente le ragioni di ogni migrante economico che fugge dalla propria patria senza regolare biglietto.

I migranti possono e devono diventare una risorsa, parte integrante del processo di crescita del Paese.

Per fare questo un’accoglienza integrata deve assumersi soprattutto due compiti: insegnare la lingua, rendere equipollenti, previa prova di conoscenza dei saperi, i titoli di studio acquisiti in Patria.

Ciò può essere fatto anche su scala Europea, in base a quote prestabilite.

Se la democrazia ha davvero la forza di credere nell’uguaglianza dei popoli non può esistere nessuna “sostituzione etnica” al massimo si potrà dar vita ad un0integrazione etnica.

I vantaggi per i quali l’occidente si avvantaggerebbe se applicasse un’accoglienza integrata sono molteplici, ne riportiamo solo alcuni:

  • L’aumento della popolazione. Sono anni che viviamo un calo demografico impressionante. Ormai molte coppie o non hanno figli o hanno un solo figli. In previsione, quindi, la popolazione autoctona tende a dimezzarsi;
  • L’aumento di forza lavorativa. Gran parte della popolazione occidentale è anziana e si avvia ad essere pensionata. Le pensioni si pagano grazie al lavoto dei più giovani. Non è pensabile che fra qualche anno sulle spalle di un giovane lavoratore si pagheranno tre o più pensioni;
  • Lo sviluppo di nuovi lavori che nascono per favorire l’integrazione. Se si applicassero principi di accoglienza integrata ci sarà bisogno di più formatori, più mediatori culturali, più intermediari operanti nel mondo del lavoro.

In fondo le dinamiche legate all’accoglienze si riducono a mere questioni linguistiche: finché l’accoglienza sarà un problema, l’argomento sarà legate a dinamiche razziali, schiaviste e antidemocratiche, quando l’accoglienza avrà altri orizzonti e diventerà integrata, la democrazia darà voce ai propri ideali di uguaglianza; sarà, finalmente, una democrazia compiuta.