Imprenditori italiani ad Asmara… e se noi dicessimo PRIMA GLI ERITREI?

Accoglienza del vice-ministro Del Re in Eritrea

Ieri un articolo de “la Repubblica- Economia” firmato da Sara Bennewitz (ne riportiamo il link:  www.repubblica.it/economia/2018/12/13/news/gli_imprenditori_italini_riscoprono_l_eritrea-214192598/ , raccontava della visita di 80 imprenditori italiani in Eritrea accompagnati dal nostro Vice-ministro degli Esteri On.le Emanuela Del Re.

Da queste pagine siamo soliti non occuparci di politica, amiamo parlare di cose serie e da troppi anni pensiamo che la politica non lo sia; però ci sono momenti nei quali delle eccezioni vanno fatte e crediamo che questo sia uno di essi.

Il vice-ministro Del Re visita i bambini eritrei

Non c’è nulla di male che degli imprenditori vogliano investire in un Paese straniero, in un’economia liberale come quella in cui viviamo è la cosa più naturale al mondo, ma se vengono accompagnate da figure rappresentative del nostro governo, come cittadini italiani abbiamo l’obbligo di porci e di porre delle domande: il vice-ministro ha chiese garanzie sul rispetto dei diritti civili in Eritrea, ha chiesto garanzie che in Eritrea ci sia la libertà di stampa, ha chiesto garanzie sul rispetto dei diritti minimi dei cittadini?

Queste domande dobbiamo porcele anche perché gli imprenditori intervistati intendono investire sull’Energia solare, sugli allevamento dei cavalli purosangue, sulle estrazioni di marmi e pietre naturali, sulla formazioni dei giovani (che notoriamente in Eritrea non ci sono quasi più perché sotto servizio militare o diventati migranti) tutte cose che non ci sembrano molto utili al popolo eritreo, ma che hanno il sapore dell’ennesimo sfruttamento perpetrato da un nazione occidentale ai danni di una nazione africani.

Sfruttare non aiutare! Potrebbe essere lo slogan di questa operazione o, almeno ai nostri occhi, è questo che sembra.

Se così fosse, e speriamo sinceramente che così non sia, ci sono altre domande che ci dobbiamo porre, in Italia oggi ci sono forza politiche che governano imponendo slogan che fanno presa sulla pancia della gente, slogan del tipo “PRIMA GLI ITALIANI”, e allora perché gli stessi in altre nazioni non hanno lo stesso rispetto per gli abitanti del Paese nel quale hanno deciso di investire?

Sede della Fiat in Eritrea

Invitiamo il vice-ministro ad usare lo stesso metro di misura anche quando si trova all’estero, gli eritrei davvero hanno bisogno di un allevamento di cavalli? Davvero hanno bisogno che i loro marmi arrivino in Italia?

Negli ultimi anni molti di coloro che hanno intrapreso i “viaggi della speranza” e che sono arrivate sulle nostre coste erano di nazionalità eritrea, sfuggivano da una guerra sperando di dare a se stessi orizzonti migliori, ora che fra Etiopia ed Eritrea è scoppiata la pace, non pensiamo a realizzare opere e imprese utili a far sì che l’economia interna del paese cresci affinché la popolazione non pensi più ad emigrare, ma pensiamo a sviluppare imprese che sfruttino il territorio per tornare  utili all’Occidente e basta.

Nel mondo c’è bisogno di tutto tranne che nascano altre forme di colonialismo.

Ciò che più ci meraviglia è anche la mancanza di critica di chi firma l’articolo, scrive per un giornale che non ci sembra molto filo-governativo, eppure sembra appoggiare questa scelta, un’altra domanda spunta all’orizzonte: la pensano tutti così? Sono tutti favorevoli ad una nuova colonizzazione dell’Eritrea?

Noi sicuramente NO!

  

http://www.repubblica.it/economia/2018/12/13/news/gli_imprenditori_italini_riscoprono_l_eritrea-214192598/