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Mantieni in vita i nostri progetti! Campagna 5X1000 2016

<<Ricominciare è come rinascere/ e rivedere il sole in un mondo di libertà/ e credere che la vita/ si rianima davanti agli occhi tuoi senza oscurità/ e sapere che ancora tutto puoi sperare./ Ricominciare è come rinascere/ dall’ombra di un passato che ormai non conta più/ e ritornare semplici cercando nelle piccole cose la felicità/ e costruire ogni attimo il tuo domani/ Ricominciare è come dire ancora si alla vita/ per poi liberarsi e volare/ verso orizzonti senza confini/ dove il pensiero non ha paura/ e vedere la tua casa diventare grande come il mondo/ Ricominciare è credere all’amore/ e sentire che anche nel dolore/ l’anima può cantare e non fermarsi mai.>> (http://youtu.be/7WMlgpDJGWc è il link per poter ascoltare la canzone)

Nei primi anni della nostra storia questa canzone dei Gen Rosso scritta per il Musical “Una storia che cambia” (1987) , che qui riportiamo come testo, era il nostro inno, la cantavamo spesso nei nostri campi di raccolta quando facevamo i container per spedirli ad Asmara, nelle nostre riunioni, nei nostri incontri. Era per noi, allora giovani cattolici speranzosi e impegnati, il simbolo del ripartire fra mille difficoltà, il credere sempre e comunque che il prenderci le nostre responsabilità, la tenacia, la fede in ciò che avessimo fatto venissero premiati. Possiamo dire che essa per anni è stata il manifesto del nostro vivere quotidiano. Spesso l’Arte, quando è sincera, dà la forza di superare le mille difficoltà che ti si parano davanti. Poi a volte capita che le radici si dimentichino, si vive senza pensare che esse esistano aldilà di te, oberati dal vivere quotidiano, dalla fretta di realizzare quante più cose possibili ci si distrae e ci si dimentica di ciò che si è e di ciò per cui si è deciso di vivere. Però, spesso, la vita ti costringe a fare delle scelte,  in questi momenti  le radici tornano a farsi sentire e diventano fondanti, importanti, preponderanti.

La nostra prima Casa di Accoglienza in Italia, nasce per questo motivo.  l’abbiamo chiamata Hagos che in eritreo significa Gioia. Quando è nata non avremmo dovuto farla, era un periodo nero per la situazione economica italiana, gli italiani, i nostri abituali donatori, erano messi economicamente alle strette. Eppure da Asmara ci arrivava un grido di aiuto: c’erano bambini malati che se fossimo riusciti ad ospitarli si sarebbero potuti venire a curare in Italia.

Decidemmo, le nostre radici decisero per noi: Ricominciare!

Hagos prese vita. Molte delle spese vennero assorbite grazie al 5X1000 che voi sceglieste di concedere alla nostra Associazione. Ci furono donati i mobili di arredamento, la cucina, ci fu un contributo che ci venne dato dall’Associazione Anymore di Messina.

Da allora, in questi anni, la casa ha ospitato Saad e la sua famiglia, la piccola Saron ed il piccolo Samy. tre casi gravi, tutti e tre risolti positivamente. Ora i tre bambini sono tornati alla vita quotidiana di prima. Saron e Samy sono ancora ospiti della casa-famiglia della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano in Eritrea. Saad è tornato a vivere felicemente in famiglia, insieme al padre, la mamma e Rith.

Davanti alla vita, davanti all’esigenza dei malati di voler continuare a vivere possiamo mai arrenderci? Possiamo mai voltare la testa e fingere che non sia un nostro problema? Possiamo mai arretrare davanti a tutto ciò che nella nostra vita abbiamo scelto come dovere? Possiamo chiudere gli occhi e far finta di niente? La risposta è semplice: non possiamo!

E’ anche grazie al tuo 5X1000 che anno dopo anno possiamo continuare a mantenere in vita questo progetto.

E’ questo il motivo per il quale ti chiediamo di inserire nella tua dichiarazione dei redditi il codice fiscale della nostra Associazione che è: 02282700646.

Grazie di cuore!

 

Di seguito riportiamo  le Foto  dell’appartamento  Hagos- Casa della Gioia, sito in via San Giacomo, 3 in Baiano (AV), gestito dall’Associazione Mariam Fraternità- ONLUS- che ospita malati stranieri, per lo più eritrei, bisognosi di cure mediche in Italia e che non hanno i mezzi economici per sostenere le spese di residenza nel nostro Paese.

 

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Campagna sostegno a distanza 2016

Permetti alla vita di vivere!

Campagna Sostegno a distanza 2016

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Vuoi collaborare attivamente allo sviluppo dei nostri progetti in Italia ed in Eritrea?

 Sei il Responsabile di un gruppo parrocchiale? Di un’Associazione laica? Sei interessato ad approfondire  i problemi legati al Terzo Mondo?

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Chiama lo 0818244999 o scrivendoci a: info@associazionemariam.it 

 

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<<Per far crescere un bambino ci vuole l’intero villaggio>>

(proverbio africano)

NOI VORREMMO ESSERE IL VILLAGGIO PER TUTTI I BAMBINI

manifesto 5 x mille 2016

L’Esperienza dell’Eritrea del Presidente della nostra Associazione

Riportiamo il racconto  del Presidente dell’Associazione a fronte di uno dei tanti viaggi fatti ad Asmara. Il racconto che riportiamo è risalente al 2010: 

<<L’Africa è un continente a misura d’uomo. Per chi, come me, è nato a cavallo tra le due guerre mondiali del secolo scorso, l’Africa vive un tempo riconoscibile, passato nella memoria; il tempo della mia infanzia, del mio essere bambino. Se mi guardo bambino, mi ricordo andare in bicicletta, correre per le strade, giocare nei cortili delle case, passare molto tempo all’aria aperta, giocare spensierato con tutti i bambini del paese senza distinzioni: ricchi e poveri. Eravamo felici con poco, sapevamo di non avere molto, ma ci bastava, per noi era necessario stare insieme. Non sapevamo cosa fosse la tecnologia. La televisione in ogni casa. I cellulari, le Wii, l’ADSL erano di là da venire. I nostri eroi erano Bartali e Coppi nelle imprese ascoltate insieme ai grandi tramite uno dei pochi apparecchi radio che c’erano in paese.

Quando atterro ad Asmara mi sembra di mettere un piede nel passato, non che non ci sia chi abbia il satellite, internet, il fax, non che il funzionamento di tali cose non siano conosciuti ai più, ma c’è un qualcosa che mi ricorda ciò che eravamo noi italiani una cinquantina d’anni fa.

Non tutte le strade sono asfaltate, non tutti hanno l’auto, molti camminano a piedi, macinando chilometri e chilometri al giorno. La vita quotidiana per questo motivo è rallentata: prendere appuntamento con persone che non hanno e non usano mezzi significa dover aspettare che a quell’appuntamento ci arrivino a piedi. In Italia ti arrabbieresti, penseresti che avresti potuto sfruttare quel tempo di attesa in un altro modo, facendo altre cose. Il tempo in Eritrea non si sfrutta, si vive. Noi abbiamo perso l’abitudine a vivere il tempo. Nel mio ultimo viaggio ad Asmara, come sempre, alcuni conoscenti mi hanno invitato a prendere un caffè, ora sono abituato ed il rito del caffè eritreo non suscita in me più nessuna meraviglia, ma la prima volta la ricordo ancora con stupore. Il rito del caffè dura dalla due alle tre ore: chi ti ospita macina del caffè che fa cuocere sulle carbonelle in un recipiente oblungo in cui versa anche dell’acqua; appena entri getta sul tuo cammino delle rose in segno di ospitalità; ti versa e si versa il caffè, mentre lo si beve si parla del più e del meno; finita di bere la prima tazza tu pensi che l’ospitalità sia finita, ma vedi che l’ospitante inizia ad offrirti dei popcorn continuando a parlare del più e del meno, dopo una mezz’ora ’ ti offre la seconda tazza di caffè, dopo un’ora te ne offre una terza. Il caffè in Eritrea si prende tre volte. Se non dovessi accettarlo la prenderebbero come un’offesa, per loro il parlare, lo stare insieme è il segno del rispetto dell’altro, è il fondamento del vivere comune. Torno in Italia e penso a cosa significhi per gli italiani prendere il caffè: darsi un appuntamento al bar, salutarsi e via. Torno in Italia e penso che essere felici significhi stare insieme agli altri, ascoltarli, dando loro il tempo necessario, un qualcosa che forse, purtroppo, stiamo un po’ perdendo…>>

Don Francesco

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Chi fa da se fa per tre: il paradosso della giusta solidarietà

E’ di questi giorni lo scandalo irpino relativo ai Centri di Accoglienza per immigrati. Scandalo dovuto alle forniture di cibi scaduti ed avariati e alle carenze igienico sanitarie delle strutture ospitanti.

Lo scandalo ci tocca da vicino, non solo perché la nostra sede è a Baiano, in provincia di Avellino, ma anche perché l’argomento: quello degli immigrati e, in generale, della solidarietà verso popoli del Terzo Mondo ci tocca molto, molto da vicino.

La natura dello scandalo è semplice: c’é l’emergenza Migranti, lo Stato mette a disposizione finanziamenti per ospitarli, alcune cooperative mettono a disposizione delle strutture. Per guadagnare, per recuperare le spese, i costi, ed avere un profitto si fa la cresta sui finanziamenti avuti.

Non sappiamo come finirà il prosieguo delle indagini, ci auguriamo che tutti gli operatori coinvolti siano innocenti, ma, se fosse minimamente vero, lo scandalo è dovuto al fatto che si possa pensare di ricavare profitti su di un’emergenza come quella dei migranti.

La solidarietà non prevede profitti e se, per alcuni di noi, è un lavoro retribuito per la quantità di tempo che ogni giorno dedichiamo ad esso, la retribuzione, quando esiste, non può essere equiparata ad una retribuzione aziendale, non può essere pensata da nessuno come motivo di profitto.

La parola Profitto nel Terzo Settore è un cancro che va estirpato, un controsenso in essere.

Da 32 anni, da quando siamo nati, noi aiutiamo solo un’unica Missione: quella delle Suore della Congregazione del Buon Samaritano ad Asmara, in Eritrea. Finora non abbiamo mai dato vita a progetti che non riguardassero la Missione di Suor Pina. La nostra Casa di Accoglienza in Italia, Hagos,  creata grazie al determinante contributo del 5X1000 , ospita, per ora e non in modo permanente, solo persone con problemi medici che vengono mandate in Italia dalle Suore della Congregazione del Buon Samaritano. Nella nostra storia non abbiamo mai dato vita a progetti che riguardassero altre Missioni, altri Paesi del Terzo Mondo, non abbiamo mai partecipato, pur avendone i requisiti, a bandi di cooperazione internazionale che non riguardassero la nostra mission: aiutare Suor Pina. Abbiamo radici forti, chi da 32 anni dirige l’associazione è illuminato, sa bene che il profitto e la solidarietà sono come il diavolo e l’acquasanta: due cose da mantenere distinte e separate.

Si perdono occasioni? Non importa. Potremmo avere più disponibilità economica per aiutare meglio chi vogliamo? Non importa.

Quello che importa è che per noi la solidarietà non è e non sarà mai un profitto.

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