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Essere utili

Spesso diamo tutto per scontato. Il ripetersi inesorabile dei giorni rende il nostro impegno una routine quasi banale. In questi giorni, pur continuando a fare il nostro dovere, dimentichiamo l’importanza di ciò che facciamo: essere utili agli altri. Forse di tutte le rivoluzioni politiche e sociali che nel tempo si sono succedute l’una dopo l’altra, essere utile al prossimo resta la più importante, l’unica necessaria. L’unica, eterna, ragione d’impegno. Quando le abitudini sembrano rinchiuderci nella nostra gabbia dorata, ci fermiamo, ricordiamo le ragioni del nostro impegno e ripartiamo con ulteriore forza, con nuovo vigore. Per noi gli altri non sono numeri, non sono statistiche. Quando scriviamo che in Eritrea abbiamo 4 asili e che in ogni asilo diamo da mangiare ogni giorno a circa 200 bambini, quei bambini sono per noi 400 occhi da far sorridere, da educare, da preparare ad una vita migliore di quella che hanno i loro genitori. Quando scriviamo che portiamo avanti un progetto di sostegno a distanza con più di 1000 adottati, vuol dire che i bambini, le loro mamme, i loro fratellini, intessono con noi rapporti anche al di là della stessa adozione a distanza, sono persone che cerchiamo di aiutare, a cui stiamo a fianco, persone che ci caricano delle loro esigenze, cui spesso cerchiamo di rispondere. Quando descriviamo le nostre case-famiglia, conosciamo i ragazzi che la abitano, la loro estrazione sociale. Sappiamo dove vanno a scuola, sappiamo che sogni hanno, le loro aspirazioni. Sono la nostra grande famiglia allargata e loro, fra di loro, si considerano, tutti, fratelli e sorelle: I figli di Pina, così si chiamano fra di loro, indicando Suor Pina Tulino, fondatrice della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano, come loro madre spirituale. Negli ultimi 31 anni trascorsi ad aiutare il popolo eritreo abbiamo conosciuto molti ragazzi, a molti di loro abbiamo dato la possibilità di costruirsi una vita in Eritrea aiutandoli ad aprire un’attività ad Asmara. Non sempre sono rose e fiori e non sempre riusciamo ad aiutare tutti, in più di trent’anni abbiamo anche fallito con persone, ragazzi che hanno tentato altre vie, preso altre strade, persone delle quali non abbiamo più notizie e che vorremmo si facessero vive con noi, almeno per farci sapere come stanno. Anche i fallimenti ci hanno spinto e ci spingono a lavorare meglio, tenendo ben presente che ad una persona non puoi imporre delle cose nemmeno avendo tutta la buona fede del mondo, le persone devono essere sempre libere di decidere la propria vita. In fondo è questa la prima regola del nostro essere utili agli altri.

Copia (2) di SL380461

(Foto: preparazione della distribuzione del cibo)

 

“Il sostegno a distanza. L’Esperienza di Teresa e Ciro”

Abbiamo iniziato nel 2007 la bella esperienza dell’ adozione  a distanza grazie all’ adesione  della nostra Parrocchia, “Maria Santissima Madre della Chiesa in Barano d’ Ischia, al Progetto  per  aiutare la popolazione dell’ Eritrea.

La bambina in affido   si chiama Sinit Tekle  Akberom, è nata ad Asmara,  il 15 ottobre 2001, tra l’ altro giorno dedicato alla grande S.Teresa d’ Avila, quando  festeggio il mio onomastico.

Sinit  vive  con la  il papà, la mamma e i suoi tre fratelli e per noi è molto bello, come famiglia, poter dare  un aiuto a loro,  che ogni giorno devono lottare per la sopravvivenza, anche se è   sempre  troppo poco quello che facciamo per gli altri.

Grazie a Suor PinaTulino e le altre Sorelle riceviamo notizie di Sinit  e dei suoi progressi a scuola, infatti spesso abbiamo avuto la copia della sua scheda di valutazione

Speriamo di poter essere almeno una goccia nel grande oceano del bisogno dell’ umanità. Ringraziamo  Suor Pina e l’ Istituto Good Samaritan Sisters che tanto si prodigano in quella parte del mondo meno fortunata e chissà se un giorno potrebbe accadere di incontrare Sinit e la sua famiglia!

Noi affidiamo a Dio la famiglia Tekle Akberom.

Coniugi Teresa e Ciro Di Meglio

Mamme

 

(foto: Mamme in attesa di riscuotere in nafka, moneta eritrea, il corrispettivo mensile dei 26 euro del sostegno a distanza)

Amore, Carità, Senso di Responsabilità

Nel mese di dicembre 2009, in uno dei nostri giri per promuovere gli aiuti alimentari in favore della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano, un bambino in tutta la sua innocenza ci chiese: <<Perché Gesù è nato povero?>>. Uno di noi, quasi istintivamente, rispose: <<Perché i ricchi non hanno bisogno di essere difesi.>>. Gesù si fa ultimo per difendere gli ultimi. Si fa povero per difendere i poveri. Il cristianesimo è la religione dell’Amore, in cui si sacrifica se stesso per l’altro. Ma sacrificarsi per l’altro che significa veramente? Ci sono atti di solidarietà che spesso nascono soltanto dalla propria esigenza di amare, dall’esigenza individuale di sentirsi utili agli altri. Amare, a volte, è anche un atto d’egoismo. Su una tavola bandita, piena di leccornie, dopo che i commensali hanno mangiato a volontà, quel che resta si dà ai cani, agli animali di casa. Questo è, a volte, il comportamento che il mondo ricco, il mondo occidentale, ha verso il Terzo mondo, in generale verso i poveri. Il concetto di Carità che prevale è quello di donare i resti: i vestiti che non si indossano più, il cibo che non si consuma, gli utensili che non si usano. Ma questo concetto di Carità non è certamente la Carità cristiana. La Carità cristiana contiene in sé il vero amore verso l’altro e un serio senso di responsabilità in funzione dell’altro. Amare davvero vuol dire fare in modo che l’altro si realizzi in tutto se stesso, cercare di dare all’altro le proprie stesse possibilità di realizzarsi: dare la metà del proprio mantello per permettere all’altro di riscaldarsi nel tuo stesso modo. È un’utopia? È un sogno che non si realizzerà mai? Forse. Ciò non toglie che il nostro dovere è quello di lavorare per la piena realizzazione dell’altro, d’altronde Gesù per questo motivo è stato crocifisso come uomo, ed è risorto lasciando a noi un messaggio eterno: <<Ama il prossimo tuo come te stesso>>. A volte usiamo le parole come slogan vuoti, ma se andiamo a viverle, se le sostanziamo, le parole diventano pietre che segnano la nostra anima, condizionano i nostri comportamenti.  È difficile amare davvero, ce ne rendiamo conto. Questo articolo nasce per invitare alla riflessione tutti noi su quello che è il nostro compito: aiutare i poveri più poveri. Non si aiutano i poveri se non si dà loro la possibilità di emanciparsi, se non li si mette in condizione di studiare, di migliorare la propria vita, di essere utili agli altri. Fermarsi all’assistenzialismo sarebbe la nostra sconfitta, sarebbe credere che niente nel tempo possa cambiare, significherebbe rendere vano il sacrificio dell’uomo Gesù sulla croce. Allora nasce un sogno, una speranza: che chiunque abbia un bambino in adozione, chiunque finanzi un nostro progetto in Eritrea lo viva con partecipazione; segui il proprio bambino, o la propria bambina, vedendolo diventare a poco a poco uomo, cercando di conoscerlo, cercando di sapere i suoi desideri, aiutandolo a realizzare il proprio sentiero di vita spianandogli la strada, non imponendo niente: né le proprie idee, né il proprio modus vivendi , attenti solo che il suo diritto ad una vita libera e indipendente, non intralci il cammino di altri. Questa è la nostra mèta, il nostro punto d’arrivo.

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“Una vita senza condividere le fortune che si hanno, è una vita senza senso” di Michela Vacchiano

Come Associazione Mariam Fraternità- ONLUS, manteniamo spesso uno stretto rapporto con coloro che hanno aderito al nostro programma di sostegno a distanza, abbiamo chiesto loro di raccontarci la loro esperienza. Questa è la testimonianza di Michela:

Una vita senza condividere le fortune che si hanno, è una vita senza senso”. È quello che mi sono detta quando ho deciso di adottare a distanza la piccola Mersi.

L’anno scorso quando ho saputo che il mio lavoro sarebbe diventato presto stabile, ho sentito che dovevo condividere la mia fortuna (avere un lavoro stabile al giorno d’oggi) con i bambini meno fortunati.

Devo dire che il senso della condivisione l’ho imparato da una persona molto importante nella mia vita, Don Virgilio Marone parroco a Sasso (Roccarainola), Chiesa di San Silvestro I, Papa e infatti, proprio grazie a lui e alla parrocchia, ho conosciuto Francesco e Anastasia invitati a Sasso a presentare i progetti dell’AssociazioneMariam Fraternità.

Ci hanno parlato con entusiasmo dei tanti progetti in Italia e in Eritrea,del lavoro svolto dalle suore con Suor Pina ad Asmara, dei piccoli bisognosi di aiuto.

Tutto questo mi ha subito affascinato e fatto riflettere che non potevo starmene semplicemente ad ascoltare.

Da qui è cominciata la bella esperienza di relazione con Mersi e la sua famiglia.

Sono felicissima di poter aiutare questa famiglia eritrea con il piccolo contributo di 26 euro al mese, secondo me un importo irrisorio per la società del benessere materiale quale è la nostra, dove spesso ci circondiamo di cose superflue e inutili quasi senza accorgercene.

A parte i soldi, nulla è comparabile alle emozioni che provo quando mi arrivano le lettere con le notizie che mi aggiornano su come sta Mersi. Emozioni che con le parole è difficile descrivere. E poi le sue foto, i progressi che fa a scuola e il sentirsi parte di qualcosa di meraviglioso che accade nonostante tutte le difficoltà che vive un paese come l’Eritrea, governata da un regime.

Sono situazioni queste in cui si materializza la presenza del Signore in mezzo a noi nell’espressione della sua massima solidarietà e che rende possibile la speranza in un futuro migliore.

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Intervista: Il nostro lavoro

D.: Come Associazione si lavora esclusivamente per la missione delle Suore del Buon Samaritano ad Asmara, questo cosa comporta?

R.: Molte cose, molte responsabilità. Noi sappiamo che ogni mese circa 1.500 persone contano su di noi, queste persone, attraverso i rapporti quotidiani con le suore, le conosciamo quasi tutte. Sappiamo i problemi di ogni famiglia che aiutiamo, sappiamo le loro speranze, i loro sogni, questo comporta molti problemi, il nostro non è mai stato un aiuto “passivo” e più il tempo passa, più la dinamica del nostro lavoro, il modus operandi di esso cambia.

D.: Può spiegarsi meglio?

R.: Fino a qualche anno fa, il nostro aiuto era diretto esclusivamente ad aiutare famiglie eritree in Eritrea, per noi era un apporto sicuro dato a famiglie, ragazzi e anziani poveri. Ci preoccupavamo di risolvere, oltre ai problemi di nutrizione, problemi di educazione spirituale, e non, dei ragazzi di strada, dei bambini presenti nelle case-famiglia, delle donne malate di HIV. Ci preoccupavamo degli asili ad Himberty e Mai Edaga, della costruzione di pozzi, di inserire nel mondo del lavoro quante più persone possibili in Asmara e in Eritrea. Negli ultimi anni la Storia con la “S” maiuscola, sta costringendo il nostro lavoro quotidiano a subire mutamenti, molti giovani scappano dal loro Paese d’origine, sbarcano in Italia e ci contattano per essere aiutati, conoscendo il nostro lavoro in Eritrea. Per questo non siamo attrezzati, spesso siamo inermi.

D.: Perché?

R.: Il problema dei migranti è un problema che non può risolvere una piccola associazione come la nostra, è un problema politico. D’altronde, come abbiamo spesso segnalato da questo notiziario mensile, forse prevedendo quello che sarebbe avvenuto, i “viaggi della speranza” , gli sbarchi sulle nostre coste, sono un problema che riguarda l’Unione Europea, 100mila migranti l’anno che sbarcano su una piccola isola come Lampedusa sono un problema enorme, se gli stessi 100mila sbarcano di anno in anno in Europa, potrebbero diventare una risorsa, fermo restando che l’ideale sarebbe risolvere il problema creando opportunità di crescita e garanzia di diritti e doveri nei Paesi di provenienza. Questi sono argomenti politici e noi non facciamo politica. A chi ci contatta diamo solo informazioni generali, ma non siamo organizzati per predisporre piani di accoglienza; anche se le richieste spesso sono assillanti. E’ sempre difficile dire dei No, ma, in questo caso, siamo costretti a farlo. Non possiamo andare contro legge.

D.: In tutti questi anni di lavoro cosa l’ha colpita di più?

R.: Per mia natura sono portata a dare per scontate le cose semplici, belle e piene di tenerezza che accadono quando aiuti le persone che hanno bisogno. Spesso non si dimenticano le cose brutte. Per la nostra educazione cattolica crediamo che quando si aiutano le persone povere, esse abbiano un dovere di testimonianza, questo non sempre accade, le persone aiutate rivendicano, di fatto, di voler essere se stesse: ti sono riconoscenti, ma, se riescono ad emanciparsi dalla povertà, non ti aiutano ad aiutare altri che stavano nella loro stessa condizione. Forse è giusto così, in fondo la nostra lotta alla povertà è anche una lotta per la libertà, per la realizzazione personale di individui. Per quanto riguarda le cose belle vorrei ricordare l’esperienza fatta in Italia con Saron, una ragazzina della casa-famiglia di Maitemenai venuta in Italia per curare una grave forma di TBC. Ora dopo più di un anno che è tornata in Eritrea, possiamo dire che finalmente è guarita. Tutti in Associazione abbiamo fatto e facciamo il tifo per lei, il suo sorriso, pur nelle sofferenze, è stato davvero contagioso.

D.: Se la definissimo il motore dell’Associazione Mariam Frternità- ONLUS, si riconoscerebbe in questa definizione?

R.: No, il vero motore di tutto ciò che facciamo è e resta Suor Pina Tulino, senza la sua Opera e senza la sua determinazione, noi non esisteremmo.

D.: Un’ultima domanda: come si prospetta il futuro?

R.: Difficile, come sempre. Al di là della crisi, che rende molto difficile trovare aiuti perché le persone non hanno più disponibilità per così dire “superflue”, chi, come noi, decide di aiutare i poveri più poveri del mondo sa bene che questo è un lavoro senza fine perché i poveri più poveri sono molti di più di quanto ci si immagina e le risorse a disposizione che si hanno non sono certo quelle di Bill Gates, però una buona notizia c’è: stiamo realizzando collaborazioni con Associazioni europee, quest’anno stiamo realizzando un progetto per tutte le nostre case-famiglia ad Asmara grazie all’Associazione francese AmadeQuesto ci fa bene sperare nel futuro e in prossime collaborazioni internazionali. 

Buon Lavoro

Grazie, l’augurio vale per tutti noi, anche per i nostri lettori, la nostra Opera è la loro Opera.  

 

 

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(Foto: in Eritrea con un anziana)