Tag Archivio per: Solidarietà

In fondo il razzismo non è una questione di pelle

Da dove nasce il razzismo? Oggi davvero possiamo affermare con assoluta certezza che è una questione data dal colore della pelle?

Facendo questo lavoro da più di trent’anni, aiutando quotidianamente la Missione della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano ad Asmara, con i problemi legati al razzismo ci siamo dovuti confrontare spesso. Affrontando anche a muso duro delle battaglie a favore di chi veniva discriminato solo per il colore della pelle. Poi, analizzando le discussioni, approfondendole, sempre più spesso ci rendevamo conto che la vera discriminazione è per i non abbienti. Il ricco, qualsiasi sia il colore della sua pelle, difficilmente verrà discriminato.

In fondo questa osservazione può avere la sua conferma osservando i tifosi delle squadre di calcio in Italia. Partiamo da un episodio: Qualche settimana fa l’arbitro di Lazio-Napoli interrompe una partita perché dagli spalti i tifosi laziali gridano cori razzisti contro   Koulibaly. un giocatore del Napoli di colore. Bellissimo gesto da parte dell’arbitro. La domanda, però, è: i tifosi laziali sono davvero razzisti? Se così fosse dovrebbero scagliarsi contro ogni domenica anche ai giocatori di colore presenti nella propria rosa, come Seck, Braafheid  o Keita, invece questi ultimi ogni domenica vengono osannati, spinti a giocare bene, ringraziati per le loro prestazioni, profumatamente pagati dalla società.

Il razzismo che emerge dai cori dei tifosi, pur essendo un gesto deprecabile e diseducativo al massimo, è davvero, allora, sintomo di un razzismo che nasce da una diversità della pelle? La pelle non c’entra nulla. I cori razzisti sono una deriva sociale, frutto di una guerra tra i poveri.

La nostra esperienza, infatti, forse ci racconta una realtà diversa: il vero razzismo che conosciamo è quello fra il ricco ed il povero. Il colore della pelle diventa discriminante quando, fra poveri si sente minacciata la propria posizione.   Il razzismo, per quello che riguarda, almeno, il nostro quotidiano esperire, ha perso le sue radici culturali, ma conserva le sue radici economiche: nasce quando ci si sente minacciati dal poter perdere il lavoro, dal poter perdere aiuti destinati a se stessi, quando vengono minacciati dei vantaggi acquisiti, spesso non per meriti propri , ma per pace sociale.

Nella guerra tra poveri il razzismo dilaga. Difficilmente dilaga altrove.

Nel 2016, per l’enorme ricchezza presente nel mondo, la povertà si potrebbe sconfiggere. E’ l’Utopia che inseguiamo, sconfitta la povertà, il razzismo, ne siamo sicuri, non avrebbe ragione di esistere.

Keita

Foto: Baldé Diao Keita- giocatore della Lazio

Oltre la povertà

Far conoscere i problemi di chi si aiuta aiuta ad aiutarli meglio. Questo, che sembra un gioco di parole, spiega bene qual è la sostanza del nostro lavoro.  Per capire chi si aiuta, chi aiutiamo da circa trent’anni, forse dovremmo fare tutti uno sforzo per cambiare, rivedere, riformulare il nostro concetto di povertà.

Chi è oggi per noi il povero? Chi ogni giorno mangia alla Caritas? Chi non arriva a fine mese? I lavavetri ai semafori? Chi dorme nei cartoni nei pressi delle stazioni ferroviarie? Chi dorme sotto i ponti? Certo, per noi quelli descritti sono tutti aspetti di una povertà fatta di  volti che indossano, quasi come segno distintivo,  la miseria, il disagio, lo sforzo e  l’impossibilità di andare avanti da soli.

I volti più stridono quanto più sono attorniati da un’opulenza tronfia di se stessa, assettata dal comprare e vendere prodotti realizzati in sovrappiù. Il povero per noi è povero perché non solo non può comprare niente, ma, soprattutto, perché non ha niente da venderti.

Per questo motivo la povertà non viene vissuta tanto come disagio alimentare, quanto come disagio sociale.

L’alimentazione, pur fatta, spesso, di avanzi, viene assicurata. Il disagio sociale rimane, per sempre, come un timbro arso ad alta temperatura sulla pelle del malcapitato.

Il povero che i nostri occhi conoscono è colui che non ce l’ha fatta a sfruttare le opportunità che la vita gli ha dato, chi non ce l’ha fatta tenere il passo di una società che corre a mille all’ora, è colui che si è, in certo qual senso, adagiato a vivere di scarti, sempre, senza sperare in altro.

Per capire il povero che noi aiutiamo dovremmo cercare di immaginare un mondo, un contesto sociale, che non conosciamo. Un mondo dove c’è corrente elettrica solo due ore al giorno. Dove ci si lava con acqua piovana raccolta in barili, e conservata in essi, per i momenti di siccità. Dove sono asfaltate solo le strade principali delle città, il resto sono tutte strade sterrate. Un mondo dove non i poveri vivono così, ma tutti. Dove è ricco colui che può permettersi la nafta per far girare un generatore di corrente a pieno regime, dove è ricco chi possiede una bicicletta per muoversi, dove è possidente chi ha un’auto.

I nostri poveri, i poveri che aiutiamo, non hanno avanzi cui poter accedere, non possono vivere di risulta. Manca loro il necessario. Quando madre Teresa di Calcutta conia la frase “i poveri più poveri” parla di questi poveri: di coloro che, oltre a vivere il disagio sociale della propria condizione, non hanno accesso a niente, perché di niente è fatto il loro contesto. Ultimi in un mondo di ultimi. A loro, spesso, non serve il necessario per vivere, ma il necessario per sopravvivere.

In questo contesto, noi cerchiamo di assicurare loro la migliore delle vite possibili, cercando di fare del nostro meglio Tutti i bambini che aiutiamo vanno a scuola, hanno un pranzo assicurato, ma sappiamo bene che non potremo mai assicurare loro di avere la corrente elettrica tutto il giorno e, aprendo un rubinetto, l’acqua per lavarsi. Questo non potremo mai farlo.

Per quanto la nostra prospettiva può cambiare: riusciamo ad immaginare di vivere avendo solo due ore al giorno la corrente elettrica?

IMG_1343

 

 

 

 

La nostra Associazione insieme alla Fondazione Dott. Domenico Tulino e al Comune di Baiano (AV), sta partecipando al Bando “MIGRARTI” . Lo facciamo convinti che la lotta alla povertà, all’emarginazione, all’integrazione tra popoli sia non solo un problema legato all’economia, ma anche un problema culturale da affrontare e risolvere.

Riportiamo di seguito le indicazione del Bando così come vengono riportate sul sito del MIBACT:

Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, consapevole della necessità di favorire quanto più possibile la conoscenza delle culture dei nuovi italiani per superare paure, diffidenze e pregiudizi, lancia il progetto MigrArti, un’iniziativa che guarda con attenzione e in profondità a una società in continua evoluzione. L’obiettivo a lungo termine è cercare e riconoscere le varie realtà che nel nostro Paese si occupano di quei popoli migranti che fanno ormai parte integrante dal punto di vista umano, economico, culturale e lavorativo del tessuto sociale del sistema Paese.

MigrArti vuole creare le condizioni e le opportunità per far conoscere al meglio le culture di provenienza dei nuovi italiani con un’attenzione particolare alle seconde generazioni, autentico ponte tra i loro genitori ed il futuro che in questo Paese li attende. MigrArti vuole essere rassegne di cinema, letture teatrali, arti visive, musica tutto ciò che può far conoscere meglio l’altro, le sue tradizioni, le sue origini, i suoi percorsi, i suoi viaggi.

Strumento principale saranno i due bandi da 400.000 € ciascuno per il cinema e lo spettacolo dal vivo, che andranno a finanziare progetti cinematografici, di teatro, di danza, di musica con al centro le tematiche di integrazione e la promozione di iniziative dedicate alla pluralità culturale. 
Il progetto MigrArti è stato realizzato in collaborazione con l’UNAR.

Roma, 15 dicembre 2015

MIGRARTI

Il 5X1000 una risorsa importante e necessaria

Per la nostra Associazione il 5X1000 è, negli ultimi anni un vero salvagente, una vera ancora di salvezza.  Nella nostra storia, per più venti anni per risparmiare sulle spese non abbiamo avuto una sede fissa. Gestivamo il sostegno a distanza da un computer di casa, tutto per garantire che non un centesimo dei soldi che venivano donati non arrivasse a Suor Pina per progetti che le sue Suore della Congregazione del Buon Samaritano avevano in Eritrea. Poi la cosa non è stata più possibile, più la Missione di Suor Pina cresceva, più aumentava il lavoro in Italia, quindi siamo stati costretti ad aprire una sede, a far sì che delle persone si occupassero dell’ associazione in modo stabile e continuativo.

Abbiamo trovato donatori disposti a pagare le spese di gestione dell’Associazione, ma con il 5X1000 copriamo gran parte di queste spese, per questo ci è necessario.

Spese, del resto che continuano ad aumentare. Una spesa non prevista che ci siamo assunti lo scorso anno è quella di un corriere postale privato per far sì che le lettere dei bambini inseriti nel programma di sostegno a distanza arrivassero a tutti i sostenitori.  Abbiamo fatto questa scelta perché in Eritrea la posta internazionale non funziona più e le lettere dei bambini e delle suore non arrivavano più. Da circa un anno, quindi, le lettere arrivano nella nostra sede e da qui le smistiamo in tutta Italia.

Lo scorso anno quest’operazione è costata € 1.800,00 di posta privata e € 980,00 di francobolli per spedire le lettere dei bambini in tutta Italia.

€ 2.780,00 che abbiamo coperto proprio grazie al 5X1000.

Per questo motivo chiediamo a tutti voi lettori di non dimenticare di inserire il codice fiscale dell’Associazione 02282700646nella vostra dichiarazione dei redditi. Una piccola azione per noi di grande importanza per continuare a far sì che almeno 1.500 persone al mese in Eritrea ricevano il necessario per sopravvivere.

5 x millenuovacarta intesta

 

 

6 ragazze (forse di più) avranno il loro vestito da sposa

A volte le donazioni hanno il sapore della felicità. Ci sono donazioni che possono sembrare superflue: non sono cibo, non sono soldi con cui poter finanziare un progetto, un pozzo, un asilo, ma sono doni che servono a far felici le persone.

Stiamo inviando ad Asmara, infatti, sei nuovi vestiti da sposa che ci hanno gentilmente donato.

Sei famiglie in Eritrea saranno felici, sei ragazze potranno essere contente di andare sull’altare con il proprio vestito bianco. Poi, chissà, i vestiti, oltre che alle sei ragazze, serviranno anche ad altre. Questo lo decideranno le Suore del Buon Samaritano.

La solidarietà ha mille volti. A volte ciò che sembra superfluo diventa necessario.

Il nostro grazie a chi ha deciso di farci questo dono.

sposa eritrea