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Le Suore del Buon Samaritano

 (…) Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo? ”. Gesù riprese:

             “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.  Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione.  Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.  Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? ”.  Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va e anche tu fa lo stesso”.

Il brano che pubblichiamo riporta la Parabola del Buon Samaritano, tratta dal Vangelo di Luca. Brano che ben descrive le origini delle Suore del Buon Samaritano: come nascono e quali sono le ragioni del loro operato. Come tutti sapete l’Associazione Mariam Fraternità- ONLUS- lavora stando a stretto contatto con loro, non è un caso che il notiziario mensile che spediamo a tutta la nostra mailing list si chiami “Il Samaritano”, ci sembrava giusto ricordare a noi stessi  le ragioni e la spiritualità condivisa che ci unisce. Il Carisma delle Suore del Buon Samaritano è quello, semplice, di aiutare il prossimo. Le Suore vivono quotidianamente la semplicità di “fare del bene”. Essere semplici non vuol dire essere banali. Può sembrare un paradosso ma essere semplici è una conquista difficile, un punto d’arrivo non facile da raggiungere. Essere semplici significa spogliarsi di se stesso e accettare l’altro per quello che è, senza farsi domande, senza cercare risposte, cercando nell’umanità, nell’altro, ciò che ci unisce non ciò che ci divide. Essere semplici vuol dire aprire la porta a chi ti chiede aiuto senza domandarti di che religione esso sia, senza guardare il colore della sua pelle, senza chiedere niente del suo carattere. Rispondere ad una domanda d’aiuto semplicemente perché essa è stata fatta da un bisognoso, da qualcuno che, in quel periodo della sua vita, si trova in difficoltà e si mostra claudicante nell’affrontare il sentiero della vita. Essere bastone del claudicante, è questo il vero carisma delle Suore del Buon Samaritano. Fondate nel 1989 da Suor Pina Tulino esse formano una  congregazione  istituita sotto la Diocesi di Asmara-Eritrea.  Dopo più venticinque anni sono oltre 30 le suore che in Asmara e nei villaggi limitrofi offrono assistenza spirituale, morale e materiale ai poveri. La loro opera ed il loro carisma è di fondamentale importanza in un paese dove solo il 5% della popolazione è cattolica.  Le suore oltre ad attività catechistiche ed ecumeniche, assistono ragazze senza dimora, disabili, invalidi, anziani ed orfani; curano insieme alla nostra associazione l’adozione a distanza di bambini appartenenti a famiglie bisognose ed il reinserimento in famiglia dei ragazzi di strada. Gestiscono  case famiglia e sono punto di riferimento per  poveri ed emarginati che ogni giorno vi si rivolgono con i problemi più diversi. Gestiscono, inoltre, alcune scuole materne in Asmara e villaggi limitrofi dando sostentamento ogni giorno a più di 500 bambini.

 

Presidente e suore

(Foto: Il Presidente della nostra Associazione con gran parte delle Suore della Congregazione del Buon Samaritano- Archivio Foto Associazione Mariam Fraternità- ONLUS)

Il nostro Ricominciare: Hagos- Casa della Gioia- La nostra Casa di Accoglienza in Italia

<<Ricominciare è come rinascere/ e rivedere il sole in un mondo di libertà/ e credere che la vita/ si rianima davanti agli occhi tuoi senza oscurità/ e sapere che ancora tutto puoi sperare./ Ricominciare è come rinascere/ dall’ombra di un passato che ormai non conta più/ e ritornare semplici cercando nelle piccole cose la felicità/ e costruire ogni attimo il tuo domani/ Ricominciare è come dire ancora si alla vita/ per poi liberarsi e volare/ verso orizzonti senza confini/ dove il pensiero non ha paura/ e vedere la tua casa diventare grande come il mondo/ Ricominciare è credere all’amore/ e sentire che anche nel dolore/ l’anima può cantare e non fermarsi mai.>> (http://youtu.be/7WMlgpDJGWc è il link per poter ascoltare la canzone)

Nei primi anni della nostra storia questa canzone dei Gen Rosso scritta per il Musical “Una storia che cambia” (1987) , che qui riportiamo come testo, era il nostro inno, la cantavamo spesso nei nostri campi di raccolta quando facevamo i container per spedirli ad Asmara, nelle nostre riunioni, nei nostri incontri. Era per noi, allora giovani cattolici speranzosi e impegnati, il simbolo del ripartire fra mille difficoltà, il credere sempre e comunque che il prenderci le nostre responsabilità, la tenacia, la fede in ciò che facevamo venisse premiata. Possiamo dire che essa per anni è stata il manifesto del nostro vivere quotidiano. Spesso l’Arte, quando è sincera, dà la forza di superare le mille difficoltà che ti si parano davanti. Poi a volte capita che le radici si dimentichino, si vive senza pensare che esse esistano aldilà di te, oberati dal vivere quotidiano, dalla fretta di realizzare quante più cose possibili ci si distrae e ci si dimentica di ciò che si è e di ciò per cui si è deciso di vivere. È in questi momenti che le radici tornano a farsi sentire e diventano fondanti, importanti, preponderanti.

Nel 2013, sfidando i venti di crisi economica,  abbiamo dato vita alla nostra prima Casa di Accoglienza in Italia, l’abbiamo chiamata Hagos che in eritreo significa Gioia. Stando a come andavano e vanno le cose non avremmo dovuto farla, non è un bel periodo per la solidarietà. La crisi non passa e per noi è sempre più difficile andare avanti.  L      a situazione la sapete tutti, la crisi economica coinvolge tutti e, nonostante i piccoli segni di ripresa, non è facile trovare spazi per aiutare il nostro prossimo. Eppure il dovere di essere per l’altro in noi non è mai venuto meno. Le ragioni per cui la nostra Casa di Accoglienza è nata erano e sono molte di più di quelle che avrebbero dovuto fermarci. Hagos prende vita per aiutare tutti quelli che in Eritrea vivono la stessa situazione del nostro piccolo Saad, venuto in Italia per curare una leucemia che lo stava uccidendo e che ora, gode di buona salute. In questi anni oltre a Saad, abbiamo ospitato  Saron, malata di TBC, anche lei tornata in Eritrea guarita, ed il piccolo Samy che ripreso l’uso dell’udito, sta cercando anno per anno, con continui viaggi in Italia,  di riprendere l’uso della vista.

L’idea della Casa di Accoglienza nasce proprio nel periodo in cui Saad stava per venire in Italia, quando parlando con i medici eritrei, ci dicevano tramite mail o tramite fax, che la loro medicina, le loro attrezzature erano almeno di trenta anni indietro rispetto a quelle usate in Occidente e che, quindi, essi, pur avendo una preparazione adeguata per curare questo tipo di malattie non avevano i mezzi tecnici adatti per farlo. Per un Saad che ce l’ha fatta ci sono stati altri bambini che non sono stati così fortunati. Spesso le Suore della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano hanno tentato di far venire in Italia i casi più gravi, ma il più delle volte i tempi della burocrazia hanno tolto le speranze e hanno spento per sempre i sorrisi dei malati. Davanti alla vita, davanti all’esigenza dei malati di voler continuare a vivere possiamo mai arrenderci? Possiamo mai voltare la testa e fingere che non sia un nostro problema? Possiamo mai arretrare davanti a tutto ciò che nella nostra vita abbiamo scelto come dovere? Possiamo chiudere gli occhi e far finta di niente? La risposta è semplice: non possiamo! Ecco che allora, in questi momenti, le nostre radici ci richiamano a noi stessi, ci ricordano chi siamo e cosa abbiamo fatto in passato, e noi fra mille difficoltà, pur avendo un contesto sfavorevole, decidiamo l’unica cosa da fare: Ricominciare!

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Dare opportunità di lavoro in Eritrea

Da sempre, da quando eravamo un piccolo gruppo parrocchiale che aiutava la Missione di Suor Pina Tulino e il suo gruppo delle Suore del Buon Samaritano, il nostro scopo non solo è stato quello di aiutare i poveri più poveri, ma, soprattutto, quello di emanciparli dalla povertà. Nei nostri, ormai, 31 anni di attività abbiamo finanziato piccole attività commerciali, pizzerie, abbiamo dato l’opportunità a ragazzi di buona volontà di aprire piccole imprese che mirassero a garantire loro entrate mensili. Abbiamo visto crescere e diventare adulti almeno tre generazioni di giovani eritrei. È da trent’anni che condividiamo i loro problemi, abbiamo vissuto trepidando la loro lotta per l’indipendenza dall’Etiopia; abbiamo vissuto, condividendo la loro gioia, la stagione della speranza, la loro Primavera dopo aver conquistato l’Indipendenza; abbiamo vissuto,e stiamo vivendo, con loro la stagione del conflitto con l’Etiopia, le difficoltà legate alla crisi sub-sahariana, alla povertà, alle forti migrazioni di un intero popolo che cerca fortuna lontano dalla propria terra. Noi sappiamo le ragioni profonde che li spingono a partire, a lasciare le loro case, i loro affetti. Per noi ogni barcone che arriva sulle nostre coste è il simbolo della disuguaglianza del mondo, è il simbolo delle opportunità negate. Nessuno di quei barconi ci ha mai lasciato indifferenti, mai lo farà. Proprio per questo motivo, in virtù di questo motivo, quando possiamo finanziare attività in loco siamo felici, diventiamo orgogliosi del lavoro che facciamo. E’ il seme che diventa pianta rigogliosa, che produce frutti per il futuro, è una possibilità che viene data a chi non ha niente di vivere del proprio lavoro. Potessimo farlo sempre, potessimo farlo per tutti, realizzeremmo la nostra utopia, il nostro sogno. Oggi in Eritrea, ad Asmara, quasi tutta la polpoazione maschile svolge il servizio militare, a mandare avanti le poche attività, le economie familiari sempre più spesso sono le donne. Per questo motivo le Suore hanno deciso di realizzare anche per gli anni 2014/2016 il progetto Formazione e Lavoro:un domani migliore per le ragazze delle bidonville di Asmara, esso ha la la durata di due anni e il costo di circa €45.000,00 interamente finanziato, per questi anni, da una donatrice legata al gruppo messinese di Walking Together che hanno presentato il progetto di Suor Pina e delle Suore della Congregazione del Buon Samaritano all’interno del loro gruppo. Grazie a questa donazione, si realizzeranno le seguenti attività (le riportiamo come da progetto) :

Il progetto prevede la realizzazione delle seguenti attività specifiche:

Corso di taglio e cucito per venti ragazze. Il Corso, che ha durata biennale, si svolge in due turni con 10  ragazze la mattina e 10 ragazze la sera, per dare la possibilità a coloro che studiano di frequentare la scuola normalmente. Le ragazze sono seguite da due insegnanti e da due assistenti. Per stimolare la partecipazione al corso, e dare un sostegno alle famiglie, tutte vengono remunerate con 500 nakfa al mese pari a circa 25 euro. Alla fine dei due anni le partecipanti al corso prendono un diploma riconosciuto dal Ministero dell’Educazione Eritreo e possono ritenersi proprietarie dei manufatti realizzati durante i due anni;

 Corso di ricamo a mano e con macchia da cucire per trenta ragazze. Il Corso, che ha durata biennale si svolge in due turni con 15  ragazze la mattina e 15 ragazze la sera, per dare la possibilità a coloro che studiano di frequentare la scuola normalmente. Le ragazze sono seguite da due insegnanti e da due assistenti. Per stimolare la partecipazione al corso, e dare un sostegno alle famiglie,tutte vengono remunerate con 500 nakfa al mese pari a circa 25 euro. Alla fine dei due anni le partecipanti al corso prendono un diploma riconosciuto dal Ministero dell’Educazione Eritreo e possono ritenersi proprietarie dei manufatti realizzati durante i due anni.

Un grazie infinito a tutti i volontari di Walking Together.

Consegna dei diplomi

(Foto: consegna dei diplomi 2008, le ragazze hanno ricamato i vestiti che indossano- Foto Archivio Associazione Mariam fraternità- ONLUS -)

Intervista a Suor Thebé

Con l’aiuto di Suor Pina che ci fa da traduttrice, intervistiamo Suor Thebé che da decenni è parte della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano.

D.: Suor Thebé, uno degli aspetti della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano è quello che siete tutte donne eritree?

R.: Si è vero, noi come donne e come suore, lavoriamo per il nostro Paese e siamo parte integrante di esso. Tutte siamo coscienti che riuscire nella nostra missione vuol dire essere utili a nostri connazionali. Noi lavoriamo per il nostro popolo: un popolo che non ha da mangiare, povero e che ha bisogno di aiuto. Nel far questo siamo molto motivate e ne sentiamo la responsabilità. È questo, forse che ci dà una marcia in più, motivazioni ulteriori per non fermarci, per migliorarci.

D.: Lei ha lavorato fianco a fianco con Suor Pina, se dovesse giudicare la Sua opera come la giudicherebbe?

R.: E’ difficile rispondere a questa domanda in presenza della stessa Suor Pina, perché non credo si debbano fare elogi a chi ha scelto di vivere la propria vista in un certo modo e ha trovato chi la seguisse. Però noi non staremmo qui a parlare se non ci fosse stata lei. La Congregazione delle Suore del Buon Samaritano è il suo sogno realizzato e noi tutte, suore e novizie, ne facciamo parte. Noi siamo la Sua opera, ed è una grande responsabilità continuarla, renderla viva, migliore.

D.: Se dovesse descrivere in poche parole lo Spirito della Vostra missione, come lo descriverebbe?

R.: Il nostro carisma è principalmente quello di accogliere e accettare le persone in difficoltà di qualsiasi religione esse siano, non sempre è facile. Spesso ci si sente troppo piccoli per problemi troppo grandi. Eppure, forse, se dovessi rappresentare il senso della nostra Opera lo rappresenterei con una porta aperta, pronta a fare entrare chiunque abbia bisogno d’aiuto, anche quando sembra che non ci siano risorse. La nostra Fede, il nostro carisma, in fondo, sta tutto nel mantenere quella porta, la porta delle nostre case, sempre aperta.

D.: Cosa augura agli italiani che leggeranno questa intervista?

R.: Di vivere una vita piena d’Amore, di fare attenzione al prossimo e, soprattutto, di pregare per noi affinché si possa continuare nella nostra Missione e si possa riuscire a dare una speranza, un aiuto, a quante più persone e famiglie possibili.

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(Foto: Suor Thebé (la seconda da sinistra) con Suor Roma, Saron e Samy – foto archivio Associazione Mariam Fraternità- ONLUS)

Michelangelo, una lezione: l’Accoglienza

Nel Giudizio Universale di Michelangelo, l’Artista descrive in modo oltremodo perfetto il dovere dell’Uomo. Chi è vicino a Gesù che ascende al Cielo gode della sua Luce e si nutre della Sua immagine, chi è più lontano cerca di avvicinarvisi. Un particolare del Giudizio Universale descrive il compito perfetto del cristiano: finché non si è a terra, finché non si è lontani dalla Grazia di Dio, finché non si è all’Inferno, ogni uomo, ogni anima che sosta sulle nuvole, cerca di trarre a sé l’uomo che è agli strati inferiori, cerca di attirarlo verso la Grazia Divina, cerca di essere solidale con lui perché lo riconosce simile a se stesso.  Nello stesso affresco solo Caronte, in basso a destra, cerca di estromettere dalla propria barca le anime condannate eternamente all’Inferno per non permettere loro di oltrepassare lo Stige, per non permettere loro di fuggire ad una condanna che Dio ha inflitto alle loro anime per una vita condotta in modo dissipato. È proprio la difesa dei nostri valori, la difesa in tutto ciò che crediamo che deve costringerci a non farci diventare, rispetto agli odierni migranti, dei moderni Caronte. Non abbiamo il diritto-dovere di cacciare chicchessia, abbiamo il diritto-dovere di cercare di accogliere quante più persone possibili; impegnando tutte le nostre forze per far sì che si viva insieme in un mondo di regole condivise. Sperando e confidando che un giorno non lontano ognuno viva felicemente e liberamente il proprio luogo di nascita, la propria terra, la propria nazione.

Giudizio Universale

(Foto: Michelangelo, Giudizio Universale- Cappella Sistina)