Il nostro seme: una preghiera

Quando nascemmo eravamo un gruppo di ragazzi dai 15 ai 25 anni e alcuni adulti che cercavano di guidare il nostro cammino di fede. Era il 1984. La nostra fede, quella di noi ragazzetti, era una fede a dir poco opportunistica, noi maschietti andavamo in chiesa per frequentare e cercare di conoscere le ragazzine che facevano parte della schola cantorum e che erano, ai nostri occhi, le ragazze più belle del paese. A pensarci bene in quel periodo sono nate molte coppie che, ancora oggi vivono felicemente sposate e con ricca prole. Alcuni hanno continuato il loro cammino di fede, alcuni altri, pur dichiarandosi laici e non avendo un lineare percorso di fede, continuano ad aiutarci ogni qualvolta chiediamo loro un contributo. Ma non è di questo che vogliamo parlare. Quello che vogliamo raccontare è la storia di un piccolo miracolo che chi era presente ancora oggi si racconta in momenti di sconforto.

Nel 1984 Suor Pina Tulino fece un appello di aiuto alla Sua comunità. In Eritrea mancava cibo, non avevano di che mantenersi, Suor Pina non sapeva come fare a nutrire le persone che ogni mattina bussavano alla sua porta. La sua Comunità parrocchiale, quella di Baiano (AV), grazie anche al parroco, Don Fiorelmo Cennamo, decise di rispondere con forza all’appello. Don Fiorelmo ed i suoi collaboratori formarono 5/6 gruppi di ragazzi e si diede loro il compito di girare tutto il paese per tre giorni per informare tutte le famiglie che Suor Pina ad Asmara aveva bisogno di cibo: pasta, farina, zucchero ecc. ecc.. Chiunque avesse intenzione di aiutarla avrebbe dovuto consegnare tutto entro una determinata ora in un luogo del paese messo a disposizione da una parrocchiana. Lo scopo che la comunità si diede era quello di spedire a Suor Pina un container di generi alimentari. Oggi, dopo 31 anni e dopo aver spedito più di 70 container, siamo abbastanza esperti; ma allora nessuno immaginava che per riempire un container ci volevano più di 10 tonnellate di alimenti. Dopo aver girato il paese per tre giorni, aspettavamo che arrivasse la roba, per dividerla, inscatolarla, riordinarla. Armati di scotch, pennarelli, scatole aspettavamo che arrivassero gli alimenti, il termine di consegna era fissato per le 8 di sera, già dalle 5 del pomeriggio iniziarono ad arrivare i generi alimentari e noi iniziammo a dividerli ed inscatolarli in un’atmosfera di festa e di gioia che solo lo stare insieme porta. Tutto sembrava procedere bene, ma verso le 8 la roba sembrava non arrivare più, con quella che avevamo, secondo le persone adulte che erano presenti lì, non saremmo riusciti nemmeno a riempire un quarto di container. Molti volti si intristirono, noi ragazzi non sapevamo che fare, d’altronde il nostro dovere lo avevamo fatto: eravamo andati in giro, avevamo fatto portare gli alimenti ai nostri genitori, avevamo fatto pubblicità all’iniziativa. Passò all’incirca un’altra ora e non arrivò molta roba, stavamo per andarcene, i volti dei grandi, di chi aveva organizzato tutto, erano tristissimi, erano convinti di aver fallito e che la gente del paese non avesse risposto alla loro richiesta di aiuto. Una di loro prima di andarsene disse: <<Facciamo una preghiera, affidiamoci alla Madonna perché ci aiuti a far arrivare la roba per riempire il container.>> Ci mettemmo in cerchio, ci demmo la mano, dicemmo una Ave Maria. Alcuni di noi, tra cui io, la dissero quasi per gioco, per far contenta la persona che l’aveva proposta, sicuramente non credendoci minimamente. Mettemmo tutto in ordine, posammo le forbici, lo scotch, pulimmo per terra, alle 21.30 stavamo per andarcene, ormai discutevamo del più e del meno, bussarono alla porta: un signore aveva portato quattro buste piene di alimenti; alcuni di noi ripresero scatoli, forbici e scotch e sistemarono gli ultimi arrivi. Ce ne stavamo andando, bussarono un’altra volta e un’altra e un’altra ancora. Alla fine finimmo di inscatolare roba alla 2 del mattino e ci rimandammo al giorno dopo per finire il lavoro. Alcuni di noi, tra cui io, eravamo talmente stanchi che “maledimmo” (ironicamente) l’aver fatto quella preghiera. Il container riuscimmo a farlo abbondantemente.

Io sono uno dei testimoni di quella preghiera, e la mia fede è un piccolo lumicino che spesso vacilla, ma, in passato, ogni anno, ogni volta che abbiamo fatto un container e qualcuno aveva paura di prendere appuntamenti per riempirlo perché temeva la pioggia od altro (il container lo riempiamo stando all’aperto), io, memore di quel piccolo miracolo, ho sempre detto a tutti di non aver paura: non sarebbe piovuto.

Per motivi legati alle leggi dello Stato eritreo sono più di 3 anni che non possiamo fare e mandare container alimentari, ma finora, per più di 70 container, non è mai piovuto…

Francesco Scotto

Container1984

Foto: Noi nel 1984- Archivio foto Associazione Mariam Fraternità- (da sinistra a destra: Francesco Tulino, Pellegrino Colucci, Francesco Scotto, Stefano Scotto, Anna Gentile)