Incontriamoci: le ragioni del nostro appello.
Più volte nelle nostre riunioni, quando ci incontriamo per programmare il lavoro di un mese, di due mesi o di un anno, ci soffermiamo su un concetto che può apparire cinico, ma che, forse, è alla base di molte azioni di solidarietà che si sviluppano in occidente: bisogna essere ricchi per aiutare i poveri.
Non nasce, forse, da questo concetto il mecenatismo? Non è, quest’ultimo, il dovere morale di molti ricchi che cercano in questo modo di rendere meno impari la vita degli esseri umani partendo dalla propria situazione di sicuro privilegio?
Se al mecenatismo si unisse una seria volontà politica siamo convinti che la povertà, almeno quella alimentare, non esisterebbe più.
Noi dell’Associazione Mariam Fraternità-ONLUS non siamo ricchi. Non facciamo opere di mecenatismo. Come più volte detto nasciamo all’interno di una piccola parrocchia di un piccolo paese campano con l’intento di aiutare una nostra compaesana missionaria in Eritrea. Nel tempo abbiamo costruito una rete fatta di: professionisti, insegnanti, operai, famiglie di piccoli imprenditori, impiegati; ovvero di persone normali, dislocate in quasi tutta Italia, che ogni mese si impegnano nel versare una piccola somma per un sostegno a distanza di un bambino eritreo o per dare un aiuto economico ad un nostro progetto, sia esso un pozzo, un asilo o quant’altro. È un impegno oneroso che a volte richiede sacrificio, di certo non sono atti di mecenatismo.
Quando, d’altronde, ci sono persone la cui vita dipende dalla tua capacità di aggregazione, dalla tua capacità di mettere insieme fondi, di organizzare persone, vorresti che ci fossero delle sicurezze, vorresti fare delle previsioni per riuscire ad assicurare almeno il cibo a tutti coloro che ad Asmara e dintorni bussano alla porta delle Suore del Buon Samaritano. Previsioni, calcoli, congetture che vengono puntualmente smentite.
Perché se è vero che in Italia abbiamo il compito di raccogliere fondi, in Eritrea la Congregazione del Buon Samaritano ha il compito di accogliere e le persone che bussano sono sempre di più. Nelle case-famiglia dove prima vivevano in media 20 bambini ora a distanza di pochi mesi ne vivono 30, dove prima si aiutavano 100 persone ora se ne devono aiutare 150. E questo vale per tutti i progetti che si stanno sviluppando in Eritrea. Le persone da aiutare sono sempre di più, nonostante, e lo ribadiamo, la nostra filosofia sia quella di rendere indipendenti economicamente le persone che aiutiamo, cercando di trovare loro un accesso al mondo del lavoro. Ma in un paese sub-sahariano il lavoro non va molto oltre tutto ciò che è inerente al campo agricolo. Di altro, anche di commercio, c’è ben poco, di certo il terziario non è un’industria. Potremmo mai chiedere di negare l’accoglienza? Potremmo mai chiedere alle Suore del Buon Samaritano di non rispondere più alle richieste di aiuto perché qui in Italia non sappiamo cosa altro inventarci? La risposta a questa domanda è sempre e solo la stessa, unanime: No, non possiamo chiederglielo! Non ci resta allora che resistere, resistere, resistere-continuare, continuare, continuare: senza aver paura di chiedere e quando si è chiesto senza aver paura di ri-chiedere.
È un lavoro immenso che forse non appaga, ma dà ad altri la possibilità di vivere, di mangiare, di nutrirsi, questo ci basta, il minimo ci accontenta.
Ci arrendiamo? La resa è una parola a noi sconosciuta, però dobbiamo diventare di più, dobbiamo creare una rete intessuta da molti più fili ed in questo abbiamo bisogno di tutti. Per questo motivo lanciamo un appello a tutti coloro che leggono. La nostra rete è iniziata parlando con le persone, guardandole negli occhi, stringendo loro la mano, facendo conoscerci di persona. Vi chiediamo di organizzare per noi nelle vostre parrocchie, nei vostri luoghi d’incontro, nelle vostre sedi associative una riunione con noi dove poter presentare a quante più persone possibili l’attuale situazione sub-sahariana e tutti i nostri progetti. In qualunque posto d’Italia stiate verremo e ne parleremo.
È il nostro dovere, è il vostro dovere: il nostro continuare, il nostro resistere.
(Foto. Bambini in una strada di Asmara)

