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“Il sostegno a distanza. L’Esperienza di Teresa e Ciro”

Abbiamo iniziato nel 2007 la bella esperienza dell’ adozione  a distanza grazie all’ adesione  della nostra Parrocchia, “Maria Santissima Madre della Chiesa in Barano d’ Ischia, al Progetto  per  aiutare la popolazione dell’ Eritrea.

La bambina in affido   si chiama Sinit Tekle  Akberom, è nata ad Asmara,  il 15 ottobre 2001, tra l’ altro giorno dedicato alla grande S.Teresa d’ Avila, quando  festeggio il mio onomastico.

Sinit  vive  con la  il papà, la mamma e i suoi tre fratelli e per noi è molto bello, come famiglia, poter dare  un aiuto a loro,  che ogni giorno devono lottare per la sopravvivenza, anche se è   sempre  troppo poco quello che facciamo per gli altri.

Grazie a Suor PinaTulino e le altre Sorelle riceviamo notizie di Sinit  e dei suoi progressi a scuola, infatti spesso abbiamo avuto la copia della sua scheda di valutazione

Speriamo di poter essere almeno una goccia nel grande oceano del bisogno dell’ umanità. Ringraziamo  Suor Pina e l’ Istituto Good Samaritan Sisters che tanto si prodigano in quella parte del mondo meno fortunata e chissà se un giorno potrebbe accadere di incontrare Sinit e la sua famiglia!

Noi affidiamo a Dio la famiglia Tekle Akberom.

Coniugi Teresa e Ciro Di Meglio

Mamme

 

(foto: Mamme in attesa di riscuotere in nafka, moneta eritrea, il corrispettivo mensile dei 26 euro del sostegno a distanza)

La nostra collaborazione Internazionale con Amade Mondiale

Negli oltre 40anni di operato di Suor Pina in Eritrea il lavoro è cresciuto a dismisura, segno di un seme che ha prodotto un albero con radici profonde. Un albero fatto di Amore verso gli ultimi, verso quei poveri più poveri che sono tutti coloro che vivono sembrando non avere un domani, senza prospettive, senza cultura, senza pensare  che la loro vita possa essere migliore. I poveri più poveri non hanno voce, non sono conosciuti. Dedicare loro la vita, vuol dire avere fede che, con l’aiuto di Dio, si possa migliorare la loro condizione. Vuol dire gridare al mondo della loro esistenza, chiedere al mondo di fermarsi a guardare, a osservare, ciò che spesso non vuole vedere. Vuol dire richiamare il mondo alla proprie responsabilità. Non c’è Opera di Dio senza solidarietà, senza Amore dei primi verso gli ultimi. Forse l’Opera della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano si può racchiudere in tre parole: chiedere per dare! Tre parole che bastano a descrivere quattro decenni vissuti tutti allo scopo di migliorare le condizioni di vita di coloro che solo grazie a questo operato hanno avuto delle prospettive, un sogno da percorrere, solo grazie a questo operato si sono migliorate.

È così che, nel tempo, al programma di adozione a distanza per bambini, si sono aggiunte le case-famiglia, gli asili i pozzi, i corsi di taglio e cucito per le donne, il lavoro con gli anziani, il lavoro con i bambini malati di AIDS e tante altre cose che nel quotidiano diventano linfa piena di speranza di un domani diverso per tutti.

Tutte queste cose hanno un costo quotidiano fatto di tante piccole cose: dalla nutrizione ai libri scolastici, dai medicinali all’assistenza. Costi che mese dopo mese devono essere affrontati, coperti.

Avere fede significa anche affidarsi, confidare che grazie a Dio i progetti iniziati possano essere realizzati, portati a termine. L’Opera della Congregazione del Buon Samaritano si fonda su quest’atto di profonda fede, le cose si iniziano perché c’è la necessità di farle, non perché si ha la preventiva, totale, copertura finanziaria delle iniziative che di volta in volta si intraprendono.

Chiedere per dare! Gridare sperando di essere ascoltati.

Chi ha ascoltato le grida è l’Associazione Amade Mondiale con sede a Monaco, in Francia, che, grazie ad un benefattore, ha deciso di finanziare per un intero anno le case famiglia di Ghezaberanu, di Matemenai, nonché il costo annuale della Casa degli Angeli dove risiedono i bambini sieropositivi e/o malati di AIDS.

Amade Mondiale, inoltre, si è assunta anche l’onere, per un intero anno, di coprire le spese mediche per la piccola Saron. Spese per le quali mensilmente dalle pagine di questo notiziario mensile chiedevamo un contributo.

Noi dell’Associazione Mariam Fraternità– ONLUS che facciamo da tramite in questo progetto, ringraziando l’impegno di Amade Mondiale, speriamo che esso possa perdurare nel tempo, essere continuativo. Sarebbe bello.

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I senza voce: una realtà superflua?

I quotidiani, le televisioni, i social network di questi giorni sono pieni di news che parlano in maniera altalenante di un occidente economicamente in crisi; di Paesi prossimi al default; di borse che perdono giorno per giorno punti di percentuale, di lenta ripresa dopo un periodo di buio. Raccontano dei nodi a pettine di una grande bolla speculativa durata più del dovuto, più di un decennio. Ovunque ci giriamo temiamo per i nostri pochi risparmi, non vediamo un futuro per i nostri figli, anzi è forte la convinzione in noi che le prossime generazioni vivranno una vita più povera della nostra. E’ vero? Può darsi che sia vero. Ma parliamo davvero di una crisi che tocca i poveri? Per nostra esperienza sappiamo che i poveri sono i senza voce del mondo, coloro che sui giornali non arrivano, quelli che non fanno notizia perché anonimi, impegnati solo a procurarsi il cibo quotidiano nella speranza di vedere l’alba del giorno dopo. Nei momenti di crisi in occidente la solidarietà spesso scompare dai bilanci familiari, viene etichettata come spesa superflua, cosa di cui si può fare a meno per poter magari continuare a tenere il frigo pieno, per poter permettere ai propri figli di uscire il sabato sera, per poter andare una volta al mese al ristorante. Per non perdere il proprio status sociale raggiunto con anni e anni di sacrificio. Giusto o sbagliato che sia è questo quello che succede. Ma se dai nostri bilanci togliamo la solidarietà i poveri non smettono di esistere, perdono solo anche quel piccolo aiuto sul quale contavano per tirare avanti.

Bisognerebbe comportarsi con raziocinio e responsabilità. Raziocinio nel pensare che una cifra di 30 euro al mese può essere risparmiata togliendo il superfluo al proprio bilancio familiare. Responsabilità nel sapere e nel convincersi che ci sono persone che contano su di noi per la propria sopravvivenza. Perché, in fondo, è proprio di questo che parliamo di sopravvivenza. Allora è necessario chiedersi quali rinunce si possono fare per continuare ad aiutare chi ne ha necessità. La solidarietà per noi tutti deve essere un dovere, non dobbiamo dimenticarcene, perché i poveri, a loro danno, oltre ad essere senza voce sono anche senza volto, persone che non conosciamo, che spesso aiutiamo a distanza, persone che possiamo dimenticare facilmente, facilmente cancellare dalla nostra vita.

Pur se l’attuale crisi riguardasse tutti, non solo gli speculatori, non solo i ricchi, dobbiamo rimanere convinti che l’occidente è un luogo privilegiato dove ogni giorno vengono mandati al macero quintali e quintali di derrate alimentari. Questo non possiamo dimenticarlo e decidere di agire di conseguenza, eco, quindi che dare il superfluo diventa una necessità, un doverebimbi.

 

“Una vita senza condividere le fortune che si hanno, è una vita senza senso” di Michela Vacchiano

Come Associazione Mariam Fraternità- ONLUS, manteniamo spesso uno stretto rapporto con coloro che hanno aderito al nostro programma di sostegno a distanza, abbiamo chiesto loro di raccontarci la loro esperienza. Questa è la testimonianza di Michela:

Una vita senza condividere le fortune che si hanno, è una vita senza senso”. È quello che mi sono detta quando ho deciso di adottare a distanza la piccola Mersi.

L’anno scorso quando ho saputo che il mio lavoro sarebbe diventato presto stabile, ho sentito che dovevo condividere la mia fortuna (avere un lavoro stabile al giorno d’oggi) con i bambini meno fortunati.

Devo dire che il senso della condivisione l’ho imparato da una persona molto importante nella mia vita, Don Virgilio Marone parroco a Sasso (Roccarainola), Chiesa di San Silvestro I, Papa e infatti, proprio grazie a lui e alla parrocchia, ho conosciuto Francesco e Anastasia invitati a Sasso a presentare i progetti dell’AssociazioneMariam Fraternità.

Ci hanno parlato con entusiasmo dei tanti progetti in Italia e in Eritrea,del lavoro svolto dalle suore con Suor Pina ad Asmara, dei piccoli bisognosi di aiuto.

Tutto questo mi ha subito affascinato e fatto riflettere che non potevo starmene semplicemente ad ascoltare.

Da qui è cominciata la bella esperienza di relazione con Mersi e la sua famiglia.

Sono felicissima di poter aiutare questa famiglia eritrea con il piccolo contributo di 26 euro al mese, secondo me un importo irrisorio per la società del benessere materiale quale è la nostra, dove spesso ci circondiamo di cose superflue e inutili quasi senza accorgercene.

A parte i soldi, nulla è comparabile alle emozioni che provo quando mi arrivano le lettere con le notizie che mi aggiornano su come sta Mersi. Emozioni che con le parole è difficile descrivere. E poi le sue foto, i progressi che fa a scuola e il sentirsi parte di qualcosa di meraviglioso che accade nonostante tutte le difficoltà che vive un paese come l’Eritrea, governata da un regime.

Sono situazioni queste in cui si materializza la presenza del Signore in mezzo a noi nell’espressione della sua massima solidarietà e che rende possibile la speranza in un futuro migliore.

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Intervista: Il nostro lavoro

D.: Come Associazione si lavora esclusivamente per la missione delle Suore del Buon Samaritano ad Asmara, questo cosa comporta?

R.: Molte cose, molte responsabilità. Noi sappiamo che ogni mese circa 1.500 persone contano su di noi, queste persone, attraverso i rapporti quotidiani con le suore, le conosciamo quasi tutte. Sappiamo i problemi di ogni famiglia che aiutiamo, sappiamo le loro speranze, i loro sogni, questo comporta molti problemi, il nostro non è mai stato un aiuto “passivo” e più il tempo passa, più la dinamica del nostro lavoro, il modus operandi di esso cambia.

D.: Può spiegarsi meglio?

R.: Fino a qualche anno fa, il nostro aiuto era diretto esclusivamente ad aiutare famiglie eritree in Eritrea, per noi era un apporto sicuro dato a famiglie, ragazzi e anziani poveri. Ci preoccupavamo di risolvere, oltre ai problemi di nutrizione, problemi di educazione spirituale, e non, dei ragazzi di strada, dei bambini presenti nelle case-famiglia, delle donne malate di HIV. Ci preoccupavamo degli asili ad Himberty e Mai Edaga, della costruzione di pozzi, di inserire nel mondo del lavoro quante più persone possibili in Asmara e in Eritrea. Negli ultimi anni la Storia con la “S” maiuscola, sta costringendo il nostro lavoro quotidiano a subire mutamenti, molti giovani scappano dal loro Paese d’origine, sbarcano in Italia e ci contattano per essere aiutati, conoscendo il nostro lavoro in Eritrea. Per questo non siamo attrezzati, spesso siamo inermi.

D.: Perché?

R.: Il problema dei migranti è un problema che non può risolvere una piccola associazione come la nostra, è un problema politico. D’altronde, come abbiamo spesso segnalato da questo notiziario mensile, forse prevedendo quello che sarebbe avvenuto, i “viaggi della speranza” , gli sbarchi sulle nostre coste, sono un problema che riguarda l’Unione Europea, 100mila migranti l’anno che sbarcano su una piccola isola come Lampedusa sono un problema enorme, se gli stessi 100mila sbarcano di anno in anno in Europa, potrebbero diventare una risorsa, fermo restando che l’ideale sarebbe risolvere il problema creando opportunità di crescita e garanzia di diritti e doveri nei Paesi di provenienza. Questi sono argomenti politici e noi non facciamo politica. A chi ci contatta diamo solo informazioni generali, ma non siamo organizzati per predisporre piani di accoglienza; anche se le richieste spesso sono assillanti. E’ sempre difficile dire dei No, ma, in questo caso, siamo costretti a farlo. Non possiamo andare contro legge.

D.: In tutti questi anni di lavoro cosa l’ha colpita di più?

R.: Per mia natura sono portata a dare per scontate le cose semplici, belle e piene di tenerezza che accadono quando aiuti le persone che hanno bisogno. Spesso non si dimenticano le cose brutte. Per la nostra educazione cattolica crediamo che quando si aiutano le persone povere, esse abbiano un dovere di testimonianza, questo non sempre accade, le persone aiutate rivendicano, di fatto, di voler essere se stesse: ti sono riconoscenti, ma, se riescono ad emanciparsi dalla povertà, non ti aiutano ad aiutare altri che stavano nella loro stessa condizione. Forse è giusto così, in fondo la nostra lotta alla povertà è anche una lotta per la libertà, per la realizzazione personale di individui. Per quanto riguarda le cose belle vorrei ricordare l’esperienza fatta in Italia con Saron, una ragazzina della casa-famiglia di Maitemenai venuta in Italia per curare una grave forma di TBC. Ora dopo più di un anno che è tornata in Eritrea, possiamo dire che finalmente è guarita. Tutti in Associazione abbiamo fatto e facciamo il tifo per lei, il suo sorriso, pur nelle sofferenze, è stato davvero contagioso.

D.: Se la definissimo il motore dell’Associazione Mariam Frternità- ONLUS, si riconoscerebbe in questa definizione?

R.: No, il vero motore di tutto ciò che facciamo è e resta Suor Pina Tulino, senza la sua Opera e senza la sua determinazione, noi non esisteremmo.

D.: Un’ultima domanda: come si prospetta il futuro?

R.: Difficile, come sempre. Al di là della crisi, che rende molto difficile trovare aiuti perché le persone non hanno più disponibilità per così dire “superflue”, chi, come noi, decide di aiutare i poveri più poveri del mondo sa bene che questo è un lavoro senza fine perché i poveri più poveri sono molti di più di quanto ci si immagina e le risorse a disposizione che si hanno non sono certo quelle di Bill Gates, però una buona notizia c’è: stiamo realizzando collaborazioni con Associazioni europee, quest’anno stiamo realizzando un progetto per tutte le nostre case-famiglia ad Asmara grazie all’Associazione francese AmadeQuesto ci fa bene sperare nel futuro e in prossime collaborazioni internazionali. 

Buon Lavoro

Grazie, l’augurio vale per tutti noi, anche per i nostri lettori, la nostra Opera è la loro Opera.  

 

 

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(Foto: in Eritrea con un anziana)