Lo spread della povertà
Negli anni trascorsi i mass-media hanno invaso quotidianamente le nostre vite usando paroloni che spesso non capivamo, legati a tecnicismi e a specializzazioni linguistiche che spesso non appartenevano al nostro linguaggio comune e che subivamo quasi avendone timore. Per mesi e mesi paroloni come “spread” ci hanno spaventato perché ne percepivamo, grazie alla massa di giornalisti e di politici che ne parlavano, l’importanza in termini economici e, banalmente, tutti capivamo che se lo spread italiano stava sotto i 300 l’economia italiana poteva essere ottimista, se lo spread superava i 500 si andava incontro ad un periodo di recessione e, forse, di povertà. Addirittura molti mettevano in evidenza la stessa tenuta dell’euro, temendo che le singole nazioni tornassero alla loro moneta originale: marchi tedeschi, lire italiane, pesos spagnoli, dracme greche ecc. ecc.
Per qualche anno dello spread si è parlato anche al bar, tutti sembravamo esser diventati degli economisti.
Perché oggi parliamo dello spread?
Noi vogliamo solo cercare di guardare il mondo con i nostri occhi e di girare lo sguardo dove crediamo debba essere girato. Soprattutto vogliamo porci, riguardo alla vita che stiamo vivendo, quelle che crediamo siano, e debbano essere, alcune delle giuste domande:
- Perché si dà tanto valore ai mercati internazionali, quando ancora non si è risolto il problema della fame nel mondo?
- Perché le banche si sono arricchite vendendo prodotti finanziari al limite della legalità e hanno un sostegno politico illimitato, mentre la stessa politica non favorisce internazionalmente l’accesso al micro-credito di persone povere che danno come garanzie solo la loro volontà di migliorarsi?
- Perché se fallisce un manager lo si riempie di soldi e di stock options mentre se fallisce un povero non gli si dà più alcuna possibilità e lo si emargina?
Ecco, se solo vorreste aiutarci a rispondere a queste tre semplici domande capireste dove è indirizzato il nostro sguardo: per noi se davvero dovesse esistere uno spread sarebbe solo quello che serve ad indicare i livelli di povertà e di ingiustizie nel mondo. Noi lavoriamo per rendere questo spread, questa differenza di ingiustizie che ci sono nel mondo, meno evidenti. Sappiamo che è un lavoro non facile, perso in partenza, ma siamo coscienti che esso sia un problema reale e culturale, siamo coscienti che ci sia in corso anche una disputa culturale su come debba essere osservato il mondo, per questo motivo invitiamo tutti a dare importanza anche a cose, come la fame nel mondo, che in questo momento non trovano spazio nei nostri mass-media, ma che, certamente sono più importanti di uno spread qualsiasi. Noi tutti che professiamo una religione e cerchiamo di praticarla, dovremmo rivolgere la nostra attenzione quotidiana non all’indice MIB della borsa di Milano, di Londra, di Francoforte e di New York, ma al fatto che ogni giorno nel mondo muoiono 26mila bambini , 13mila dei quali muoiono per fame. Dovremmo ribellarci all’idea che la fame porti via ogni anno dal mondo 5.735.000 bambini. Il nostro dovere, la nostra quotidianità dovrebbe essere attenta a queste problematiche e dovremmo riuscire a condizionare talmente il mondo da poter fare in modo che queste morti diminuiscano sempre di più. Lavorare in tal senso ci renderebbe davvero orgogliosi di noi stessi e renderebbe il mondo occidentale, tuttora egoista e chiuso in se stesso, solidale e aperto a tutta l’Umanità.
(Foto: Paesaggio eritreo- Archivio Associazione Mariam Fraternità- ONLUS)

