Le invasioni percepite
(Irpinia e migranti: 2° parte)
di Paola Gerola

I cittadini stranieri ospitati in provincia di Avellino rappresentano solo il 6% degli arrivi in Campania. Circa il 50% degli immigrati, infatti, risiede nella provincia di Napoli, il 22% a Salerno, il 19% a Caserta e il 3% a Benevento.
Raffrontando questo dato con le popolazioni complessive della singole province, si ottiene che l’incidenza della popolazione straniera su quella autoctona è del 4,4% nelle province di Caserta e Salerno, del 3,5% a Napoli, del 3% in quella di Avellino e del 2,5% a Benevento.
Questi numeri da soli già danno il senso di una percezione sociale errata del tema “migranti”. Infatti, seppure in Campania, la crescita demografica relativa ai recenti flussi migratori è maggiore della media nazionale ed una delle più elevate tra tutte le regioni italiane, i circa 217.500 stranieri regolarmente presenti, rappresentano solo il 4% della popolazione residente.
Sono 166 le nazionalità di provenienza. Tra quelle più rappresentate, l’Ucraina è al primo posto (41.324), seguita da Romania (37.905), Marocco (19.195), Sri Lanka (14.090) e Cina (11.641).
Lo stesso vale per il dato nazionale. Anche se negli ultimi anni, anche a seguito dei recenti conflitti internazionali, i processi migratori verso l’occidente si sono intensificati in maniera esponenziale, in Italia, gli stranieri residenti sono solo l’8,2% della popolazione. Una delle percentuali più basse in Europa (Austria 13,2%, Irlanda 11,9%, Belgio 11,6%, Spagna 9,6%, Germania 9,3%, Inghilterra 8,4%).
Negli ultimi due anni, mentre molti paesi europei hanno registrato aumenti significativi dei flussi entranti, rispetto agli anni precedenti (Romania +20, 9%, Bulgaria +20,6%, Croazia +17,7%, Germania +7,5%…), in Italia, nonostante l’enfasi mediatica, l’aumento è stato solo dell’1,9%.
Un flusso poco influente sugli equilibri economici e culturali del paese, potenzialmente decisivo, invece, per compensare la flessione delle nascite italiche. Infatti, essendo prevista, nel prossimo decennio, una diminuzione degli italiani di 1,8 milioni di unità, per mantenere sostanzialmente inalterata la popolazione dei 15-64enni, sarebbe necessario un flusso di almeno 1,6 milioni di “nuovi italiani”, almeno 157 mila ogni anno.
La maggior parte dei “nostri” stranieri proviene, soprattutto, dall’Europa dell’Est, hanno raggiunto il nostro territorio per studio o lavoro e nel corso degli anni si sono “autonomamente” integrati, eppure, il fenomeno che invece oggi scuote la pubblica opinione, è quello dei migranti “rifugiati richiedenti asilo”.
In Irpinia su 118 Comuni, soltanto 14 hanno aderito al bando del Viminale del 2016-2017, Mercogliano, Venticano, Monteforte Irpino, Forino, Flumeri, Ospedaletto D’Alpinolo, Pratola Serra, Serino, Montefredane, Manocalzati, Pietrastornina, Contrada, Chianche, Atripalda.
Nei centri gestiti dalla Prefettura avellinese (ultimo aggiornamento 8 Giugno 2016) Gambia, Pakistan e Nigeria sono le prime nazioni da cui giungono i 1286 migranti attualmente ospitati in provincia di Avellino nelle 40 strutture distribuite in 23 comuni. In realtà ad oggi, la Caritas irpina stima in circa 2.300 unità, i migranti in attesa dello status i rifugiati, la quasi totalità distribuita sul territorio nei centri C.A.S. – Centri di Accoglienza Straordinaria.
Il modello di gestione straordinaria ed emergenziale dei C.A.S. (nato da un’idea del ministro Maroni nel 2014) che prevede che le prefetture, con Regioni ed enti locali, individuino luoghi di accoglienza anche rivolgendosi a strutture alberghiere o di altra natura, si è rivelato diffusamente fallimentare, per cattive gestioni e assenza di servizi. Soprattutto, inspiegabilmente poco straordinario.
Infatti, i tempi amministrativi dell’accoglienza per il riconoscimento dello status di “rifugiato richiedente asilo”, che dovrebbero variare dai 6 mesi a 1 anno e potrebbero anche abbreviarsi se il richiedente asilo dichiari di voler proseguire il suo viaggio per il ricongiungimento con famigliari o di comunità in altri paesi europei, in Italia dura anche due anni. Cronicizzando le criticità ma garantendo la profusione dei fondi a favore dei soggetti gestori dei C.A.S.
Anche in Irpinia, i Centri accoglienza, presenti in solo 21 dei 118 comuni, sono gestiti da cooperative create ad hoc, in strutture provvisorie e con una attività di tipo imprenditoriale. Si stima un giro d’affari di circa 30 milioni di euro/anno.
Somme che, a dispetto delle bufale alimentate dall’ignoranza dei tanti webeti, non sono percepite dagli immigrati. Anzi.
La struttura capofila cui, solitamente, fanno capo cooperative che gestiscono i singoli centri, riceve 35€ per ogni migrante, che dovrebbero servire per il vitto, l’alloggio, le spese mediche, il famigerato pocket money (2,50 € /giorno, in alcune regioni 2 € /giorno) e le attività di accoglienza. Somme protagoniste, spesso, anche di casi di cronaca disarmanti, fatte di truffe, servizi non garantiti, strutture di accoglienza vergognose.
I controlli effettuati dalla Prefettura avellinese, da settembre 2014 a marzo 2016, hanno prodotto 64 contestazioni di cui 20 con applicazione della penale e recupero sulle somme dovute e 10 risoluzioni contrattuali con chiusura delle strutture.
In particolare, ben sette centri di accoglienza per immigrati sono stati sequestrati in provincia di Avellino dai carabinieri del Nas di Salerno, a causa delle condizioni igieniche precarie, le presenze superiori ai posti letto consentiti, la mancata distribuzione del “kit giornaliero” che prevede il pocket money , l’occorrente per l’igiene personale, il vestiario e gli alimenti adeguati.
Alternativo al modello dei C.A.S. è il sistema “S.P.R.A.R. – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati”.
Questo, a differenza del modello CAS, caratterizzato dallo scollamento tra le la gestione delle scelte ed il territorio, vede i Comuni, singolarmente o in rete, protagonisti nella gestione dell’intero processo, dal dimensionamento dei soggetti accoglibili, alla scelta delle strutture, all’erogazione dei servizi, alla vigilanza sul rispetto degli standard.
Gli SPRAR sono progetti della durata massima di 3 anni, presentati direttamente dai Comuni al Viminale, che prevede un’accoglienza massima pari al 2,5×1000 dei residenti il finanziamento delle somme necessarie alla gestione quotidiana degli ospiti, e un bonus di 500 €/anno per ogni persona accolta destinato ad attività di integrazione.
Anche in Irpinia, quello degli SPRAR è un modello quasi mai utilizzato. nonostante rappresenti uno strumento fondamentale per gestire e non subire il fenomeno dell’immigrazione. A differenza del modello “C.A.S.”, dove Prefettura ed enti privati, in nome dell’emergenza indotta, di fatto agiscono senza alcuna relazione con le comunità locali.
Attualmente gli SPRAR attivi in Irpinia sono solo 4 a Bisaccia, Sant’Angelo dei Lombardi, Sant’Andrea di Conza e Conza della Campania, ed assistono un totale di circa 140 migranti, che già godono dello status di rifugiati, hanno messo in atto il programma di accoglienza S.P.R.A.R., finanziato attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, il FNPSA.
Il totale dei progetti SPRAR già presentati, invece, sono attualmente 8, così individuati:

A questi, poi, vanno aggiunte le recenti disponibilità formulate al Ministero dai comuni di Frigento, Lauro e Marzano.
Nella sostanza, quello che appare evidente dall’analisi oggettiva dei dati è, soprattutto in Irpinia, l’inesistenza di flussi migratori ingestibili per volumi o livelli di invasività come, invece, si percepisce dagli allarmi sociali che tanta demagogia continua ad alimentare, sulla base di sterili opportunismi, interessi privati o banale ignoranza.
Quanto appare altrettanto evidente è anche l’assenza di intelligenza delle comunità locali ad interessarsi costruttivamente del problema e la conseguente deriva populista di troppi sindaci nell’assecondare le paure infondate, con l’ignavia o con l’opportunismo.
Così, gli scompensi e le crisi che pure si vivono, restano palesemente dovute alla disomogenea concentrazione dei flussi in arrivo che, usando le parole del Prefetto Carlo Sessa, vede “comuni come Monteforte irpino accogliere 300 persone e paesi come Lioni ospitarne zero”. E’ tale stato di cose che acuisce i problemi e lascia gli sciacalli liberi di approfittare delle situazioni.
E’ oggettivo, quindi, che sia abbondantemente giunto, anche in Irpinia, il momento di guarire dalla psicosi collettiva di poter delegare oltre i propri confini o ad altri tempi, uno dei più normali fenomeni sociali di sempre: la migrazione “da posti dove si sta male verso posti dove si sta meglio.”
