Intervista sul suo recente viaggio in Eritrea a Carlo Fusco, Presidente della Fondazione Domenico Tulino

Agli inizi di novembre, il Presidente della nostra Associazione insieme al Presidente della Fondazione Domenico Tulino, l’avvocato Carlo Fusco, sono stati 10 giorni in Eritrea per fare il punto della situazione sui vari progetti che porta avanti la Congregazione delle Suore del Buon Samaritano.

Per l’avvocato Fusco era la sua prima volta in Eritrea; è interessante il suo sguardo di occidentale verso un Paese le cui sofferenze sono molteplici e non sempre sono dovute a ragioni che noi definiremmo “politiche”; è interessante come dal suo punto di vista il concetto di “viaggi della speranza” dei migranti muta; trasformandosi da quello che per noi è il diritto di Accoglienza a quello che per loro è il diritto di scappare. E’ un punto di vista molto interessante per aiutarci a capire le ragioni dell’altro, i perché dell’altro: bisogna farne tesoro.

 

SAM_0031

Tu hai già molta esperienza di solidarietà, ma è la prima volta che sei stato in Eritrea, quali sono le tue impressioni?

In Eritrea ho trovato un popolo meraviglioso, ma senza speranza. Mi ha impressionato la pochezza numerica, direi l’assenza, dei maschi dai 18 ai 50 anni, l’età più produttiva. O sono impegnati nel servizio militare o sono  scappati dal paese. Di conseguenza la società sembra in mano agli anziani e alle donne, che cercano di allevare i numerosi bambini e adolescenti, moltissimi dei quali candidati per forza di cose alla fuga coi barconi degli scafisti criminali. Di fronte alla gravità di questa situazione Sr. Pina Tulino e le Good Samaritan Sister’s, almeno quelle impegnate direttamente nella cura dei minori, mi sono sembrate non solo degli angeli dal punto di vista cristiano, ma anche il seme del riscatto sociale del paese. Con la loro goccia in mezzo all’oceano, dimostrano che una strada diversa da quella della disperazione e della povertà si può percorrere.

 Cosa hai apprezzato di più del lavoro di Suor Pina e della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano?

 progetto educativo, che punta a tutto l’uomo, a formare ragazzi solidi perché sperimentano una sicura, reale vita di famiglia nelle case delle suore. Mi ha sorpreso molto che i bambini e ragazzi della casa di sr. Pina, coi quali sono stato una decina di giorni, accolgono i poveri e, rispetto ad essi, si sentono privilegiati. E in effetti lo sono, perché hanno una casa, il necessario (molto meno di quello che abbiamo in occidente!) e sono educati a condividere quello che hanno con coloro (tanti) che quotidianamente bussano alla porta per chiedere un pasto. Come si può immaginare, la gestione di una quindicina di ragazzi dai 2 ai 23 anni comporta problematiche diverse e sempre nuove: anche in questo ho ammirato il modo di fare di sr. Pina e delle suore: fermezza e dolcezza nell’educare per far sperimentare ai ragazzi che c’è una realtà solida alle loro spalle. Naturalmente tutto ciò è possibile perché le suore sono dedicate 24 ore al giorno alla loro missione, le ho viste sempre al servizio dei bambini, veramente come il buon samaritano di cui portano il nome. Un esempio bellissimo di vita evangelica.

 

SAM_0076

Qual è il ricordo di questo viaggio che non dimenticherai?

Natù! Un ragazzo di 15 anni che abbiamo visitato in un ricovero per i malati poveri. Fu trovato accanto al cadavere della mamma, ha ritardi cognitivi, è epilettico ed ha disturbi nel comportamento. Siccome scappava dal ricovero (le cui condizioni igienico sanitarie mi hanno fatto pensare alle campagne italiane di due secoli fa) lo hanno legato alla caviglia con una catena di ferro e un catenaccio, come un cane! A fianco al suo materasso appoggiato a terra ha un innaffiatoio che serve per la cacca e per la pipì. Una scena infernale! Le suore lo prendono ogni domenica e lo portano a casa loro, dove lo lavano e gli fanno sperimentare una convivenza e un affetto umani. È venuto quasi tutti i giorni mentre don Franco ed io eravamo là. Dopo poco ha cominciato ad interagire normalmente con gli altri, ad abituarsi alla pulizia e ai rapporti umani. Sr. Pina mi ha detto che vuole prenderlo a vivere stabilmente nella sua casa, le altre suore sono d’accordo. E, vedendo i progressi che faceva di ora in ora, ha aggiunto: “ Se riesco a farlo stare qua, l’anno prossimo verrai e ti saluterà dicendo: “Ciao Carlo!””. Per dire che se si inserisce in un contesto normale riacquista molte delle facoltà ora per lui latenti. Raccontando la storia di quetso ragazzo, che ci abbracciava con una spontaneità e un affetto enormi, già qualcuno in Italia mia ha offerto dei denari per liberarlo dalla schiavitù in cui vive. Mi sembra un piccolo segno che, come sempre, sr. Pina ha avuto l’ispirazione giusta a favore dei poveri!

 Nei limiti in cui è dato parlarne: come hai trovato l’Eritrea?

Come un paese disperato, oppresso, senza le minime libertà. Non avevo idea che potessero esistere condizioni di vita tanto disagiate, non solo economicamente, ma anche psicologicamente. È come se una cappa di oppressione fosse calata su ogni cosa. Le notevoli risorse naturali non sono a disposizione del popolo, ma sono strumenti per accumulare ricchezze per pochi e opprimere ancora di più tutti gli altri. Non penso che Dio può lasciare inascoltato il grido di questo popolo, che ha il diritto di fuggire per trovare una vita migliore! Non siamo noi che dobbiamo accogliere (cosa pure sacrosanta!), sono loro che hanno il diritto di scappare dall’oppressione e dalla disperazione!

 Quali sono i progetti per il futuro?  Hai in programma di ritornare in Eritrea?

Spero di tornare quanto prima e di poter raccogliere in Italia quanti più soldi possibile da inviare a sr. Pina per i suoi progetti!

Grazie per l’intervista, in bocca al lupo!

SAM_0129